Come vogliamo definirlo, un nisse?
È uno gnomo? Un folletto? Uno spiritello casalingo, un nome tutelare?
A volte è difficile dare una traduzione italiana a personaggi come questi, che non sono presenti nel nostro folklore. Se dovessimo paragonare il nisse della Scandinavia a una figura che conosciamo tutti, potremmo forse fare un parallelismo con gli “elfi domestici” della tradizione inglese, che J.K. Rowling ha rielaborato nella sua saga e reso celebri.
Proprio come accadeva nelle isole britanniche, anche nel folklore scandinavo v’era la diffusa convinzione che ogni abitazione fosse provvista di una specie di spiritello che, celato alla vista dei mortali, vegliava scrupolosamente sulla casa che divideva coi suoi inquilini umani. Creatura schiva e taciturna, il nisse dormiva durante le ore del giorno per uscire allo scoperto solo quand’era notte fonda, riuscendo così a non farsi (quasi mai) notare dai legittimi proprietari dell’alloggio.
Ciò che si poteva notare, tutt’al più, era – all’indomani – qualche traccia del suo passaggio. Il tavolo della cucina misteriosamente sporco di briciole; i vasi di fiori misteriosamente bagnati senza che nessuno si ricordasse d’averli annaffiati la sera prima; quell’oggetto che si era strasicuri di aver posato lì e la mattina dopo era misteriosamente scomparso: tutte queste piccole manifestazioni, e mille altre di questo genere, sono – secondo il folklore della Scandinavia – prove certe del fatto che un nisse vive all’interno della casa.
Il che, beninteso, non è necessariamente una sfortuna. Se bendisposti nei confronti dei padroni di casa, i nisser sanno essere coinquilini laboriosi che curano nottetempo gli animali ammalati, vegliano dolcemente sul sonno dei neonati, eseguono piccole riparazioni domestiche alla bisogna e, grazie ai loro magici poteri, proteggono la casa da ogni tipo di sventura. Certo, c’è sempre il lato opposto della medaglia: pignoli e vendicativi come tutti gli esponenti del Piccolo Popolo, i nisser possono diventare estremamente livorosi se hanno l’impressione di essere trattati male dalla famiglia che li ospita. E nessuno vorrebbe ritrovarsi la casa infestata da un’orda di nisser che covano rancore: oggetti che spariscono misteriosamente nella notte, bambini che si svegliano sussultando e dicendo c’è un mostro sotto al letto, pareti che ammuffiscono e camini che si intasano… e questi sono solamente i più innocui tra i dispetti che ci si può aspettare!
Insomma: meglio tenerseli buoni, i nisser che vivono nella propria casa. E tra le norme di comportamento che bisogna assolutamente rispettare v’è quella di far trovare loro un regalo di Natale che sia degno di tal nome.
Per antichissima tradizione, in Scandinavia era consuetudine lasciare un po’ di cibo sul davanzale esterno della finestra, quando calava la notte di Natale. Per convenzione, gli alimenti più gettonati erano una ciotola di porridge ben caldo con una generosa fetta di burro lasciata a sciogliersi sopra, accompagnato da un bicchierone di glögg ancora fumante. Si mormorava che fossero proprio questi i piatti preferiti dai nisser, i quali – non visti – ne avrebbero fatto una gran scorpacciata.
Poco ma sicuro, l’indomani mattina il bicchierone sarebbe stato trovato vuoto per davvero; la ciotola, spazzolata fino all’ultima briciola di porridge.
A onor del vero, gli scettici avanzano l’ipotesi che i nisser c’entrassero ben poco con questo prodigio e sostengono addirittura che fossero i poveri del villaggio a beneficiare di quella dolce usanza natalizia, che permetteva loro di riempirsi lo stomaco col favor delle tenebre (e dunque senza doversi umiliare mendicando cibo di casa in casa). Tutto sommato, sarebbe stato un buon Natale anche per loro!
Personaggi presenti nel folklore scandinavo fin dal pieno Medioevo, i nisser impiegarono svariati secoli per metabolizzare un facile concetto: e cioè, che se qualcuno ti fa un regalo di Natale, tendenzialmente sarebbe buona norma ricambiarlo.
Fu un cambiamento piuttosto repentino. Fino alla metà dell’Ottocento, in Scandinavia, i regali di Natale (quando c’erano) erano tradizionalmente distribuiti dal Julbock, il caprone del Natale. Personaggio animalesco e un po’ inquietante, simile ai Krampus della tradizione tedesca, il Julbock arrivava per davvero, grazie a uomini volenterosi che si travestivano per l’occasione indossando abiti pelosi e grosse maschere da capra e poi bussavano alla porta di casa per distribuire doni ai bimbi buoni (e sculacciate a chi s’era comportato male).
Si trattava di una tradizione antichissima, forse derivante da antichi usi pagani di cui, in ogni caso, s’era ormai persa la memoria. Ciò non bastò tuttavia a tranquillizzare i timorosi e intransigenti Luterani di metà Ottocento, i quali cominciarono a vedere come il fumo negli occhi quella tradizione antica, che parve loro troppo animalesca o (Dio non voglia!) persino satanica. In fin dei conti, i caproni antropomorfi non godevano di gran simpatia, nell’immaginario cristiano di quei secoli.
E così, sulla spinta di una martellante propaganda, il nisse (ormai rinominato Julenisse per l’occasione), a partire da metà Ottocento si sostituì allo Julbock nel ruolo di portatore di doni. Incaricata di dargli un volto fu, nel 1871, l’illustratrice Jenny Nystrom, che nel disegnare quel personaggio confortantemente family-friendly si ispirò all’iconografia del Santa Claus statunitense. I suoi Julenisser sono, per così dire, una versione gnomesca e miniaturizzata del Babbo Natale che conosciamo tutti, talvolta (ma non sempre) vestiti con gli abiti tipici dei contadini scandinavi di fine Ottocento. Immancabile, in ogni caso, un berrettino rosso sulla testolina dalla lunga barba bianca.
Quando aprirete lo scatolone delle vostre decorazioni di Natale, vi renderete conto che probabilmente anche voi avete la casa infestata dai nisser. Le decorazioni festive dell’IKEA li hanno diffusi in tutto il mondo e l’emulazione poi ha fatto il resto: quando vi trovate di fronte a uno gnometto di Natale, sappiate che in realtà state maneggiando quello che è, tecnicamente, un nisse.
Ebbene, ricordatevi di quanto ho appena scritto, la prossima volta che ve ne troverete uno appollaiato sul vostro abete decorato. Ché i nisser sono coinquilini benevoli finché non s’offendono… ma sono pignoli, e sotto Natale s’aspettano un dono da parte vostra.
Una ciotola di porridge e un calice di glögg saranno più che sufficienti per soddisfarli, per fortuna.
Non avete idea di cosa sia il glögg? Beh, non c’è problema: ci pensa Mani di pasta frolla a fornirvi la ricetta perfetta per far sì che possiate ingraziarvi tutti i folletti di passaggio (…più eventuali ospiti umani, se è il caso. Pare che piaccia un sacco pure a loro!).
Elisabetta
“Quell’oggetto che si era strasicuri di aver posato lì e la mattina dopo era misteriosamente scomparso”, “pareti che ammuffiscono”…ora mi tornano tante cose.
” Eseguono piccole riparazioni domestiche alla bisogna” ah no.
Forse non ho lasciato abbastanza porridge per le riparazioni. 🤔
Ma in tal caso nisser si accontentano di porridg e glogg solo una volta all’anno?
Ps. Il mio albero è orgogliosamente
Nisser-free
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Lucia
Pare di sì 👀
A differenza dei loro cugini che vivono in area anglosassone, e che pretendono queste attenzioni con frequenza molto maggiore, i poveri nisser della Scandinavia si accontentano di un regalo di Natale e non chiedono altro. Poverini!
Eh, ma scusa: tu glielo hai mai lasciato il porridge sul davanzale? Sii onesta 😜
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Elisabetta
Confesso di no. La mia casa è orgogliosamente Porridge-free. Mi sa che anche quest’ anno non beccheranno nulla.
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gianni
Un caso di nissenteria? 😀 Ok, mi auto-bandisco …
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Chiara
Chi sono i loro parenti inglesi? Invece secondo te potrebbero essere simili ai monacielli di area ciociara-campana?
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Murasaki Shikibu
L’Ikea me ne ha forniti quattro, molto carini. Due stanno sull’albero, due li appendo dove capita. Farinata in giro non ne ho mai lasciata, ma visto che nei giorni intorno alle feste lascio spesso i dolcetti nei vassoi, probabilmente si sono abituati a cavallucci, panforte e ricciarelli. Quanto al glogg, l’anno prossimo sarà bene attrezzarmi.
Vorrei aggiungere un contributo letterario sui nisse e il Natale: c’è una fiaba dei fratelli Grimm che viaggia sotto infiniti titoli: Gli gnomi e il calzolaio, Il calzolaio e i folletti, Gli gnomi di Natale… in tutti i casi è la n. 39.
C’è un calzolaio che lascia la sera la pelle pronta per fare le scarpe e la mattina dopo trova le scarpe già pronte, e anche fatte molto bene. In breve tempo si arricchisce e una sera dice alla moglie “Nascondiamoci e vediamo chi è che ci aiuta così” e vedono che a fare le scarpe sono due gnomi, nudi. La moglie dice “Gli voglio fare dei bei vestitini, e tu pensa alle calzature”. La notte di Natale gli gnomi arrivano, vedono i vestiti, li indossano e fanno una gran danza di felicità… per poi sparire e non tornare mai più.
Non c’è una parola di spiegazione, ma dopo 7 romanzi di Harry Potter mi sembra chiaro che dandogli dei vestiti il calzolaio e la sua consorte gli han fatto un favore ben più grande di quel che credevano – insomma, li hanno liberati. Da chi, da che cosa? Boh.
Comunque i nisse dell’Ikea sono ben vestiti, quindi non penso che debbano essere liberati. E in effetti lavori di casa non me ne fanno (purtroppo).
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