Aymonet, stregone pentito

Trovandosi finalmente al cospetto dell’inquisitore, Aymonet scoppiò in un pianto lungo, disperato e liberatorio. Disse di voler confessare tutte le sue colpe, di essere in cerca di assoluzione, di esser pronto ad abiurare; e lo fece “spontaneamente, senza essere stato accusato da nessuno né avvertito di indagini sul suo conto” come il frate che lo accolse ci tenne a far mettere agli atti.
Neppure si poteva dire che circolassero voci strane sul conto del ragazzo (o meglio: se circolavano, l’Inquisizione non ne era al corrente). Certo, c’era pur sempre quel dettaglio infamante circa la morte di suo padre, bruciato sul rogo per eresia qualche anno prima; e tuttavia, Aymonet Maugetaz aveva tutta l’aria di essere un giovanotto onesto, che mai aveva dato l’impressione di aver compiuto atti men che retti.
Ma un faccino pulito e un carattere cordiale non devono trarre in inganno: e infatti, in quel lontano 30 luglio 1438, Aymonet bussò alle porte del convento domenicano di Losanna in preda all’angoscia e “scosso dai singhiozzi”, costituendosi e dichiarando di voler confessare all’Inquisizione una orribile storia a base di stregoneria.

La stregoneria – e questa cosa era tristemente conosciuta – era un’arte ben nota al padre di Aymonet, che più volte aveva cercato di avviare suo figlio sulla quella stessa strada di perdizione. Cinque anni prima, quando Aymonet aveva quindici anni, il padre lo aveva ritenuto pronto a fare il grande passo e aveva organizzato per lui un incontro con Satana, che (fu comunicato al giovanotto) lo avrebbe atteso, in un certo giorno, in un certo campo al di fuori della città, al fine di stringere con lui un patto. Ma Aymonet aveva avuto paura e s’era tenuto ben lontano dalla località indicatagli, passando tutto il giorno a giocare con altri ragazzini: un impeto di ribellione adolescenziale destinato a finir male, ché (giunta la sera, e appurata la sua disfatta) il padre s’era fatto prendere dalla rabbia e aveva picchiato il ragazzo selvaggiamente.

Era solamente rabbia, il sentimento aveva mosso il padre di Aymonet? O forse era anche (e soprattutto) panico? Del resto, non dev’essere facile aver promesso il proprio figlio a Satana per poi scoprire che il ragazzo non vuol saperne di concedersi.

Forse sperando di poter conquistare il giovane con un assaggio dei lussi che Satana riserva ai suoi servitori, il padre di Aymonet, di lì a qualche giorno, chiese al figlio di accompagnarlo in un breve viaggio. Lo fece salire in sella a un cavallo nero che, con ogni evidenza, era tutto fuorché un cavallo: non appena Aymonet ebbe preso in mano le redini, il puledro cominciò a galoppare a una folle velocità, percorrendo in pochi minuti gli oltre 170 km che separano le città di Losanna e Basilea. Giunto a destinazione, comprensibilmente sconvolto per quanto aveva appena vissuto, Aymonet scese barcollante da cavallo ritrovandosi al fianco di suo padre, che serenamente lo guidò a un festino che era stato allestito per loro in una brulla zona montana. Alla debole luce di mille candele che emettevano fiamme azzurrine, più di cento individui, tra uomini e donne, stavano adorando Satana baciandogli il deretano: una venerazione che si interruppe quando il demonio individuò Aymonet, perché a quel punto fu proprio il ragazzo a diventare oggetto delle sue attenzioni. Satana gli si avvicinò suadente e, con buon garbo, gli proposte di accettare lui come suo unico signore, rinnegando Dio e rinunciando al tempo stesso a ogni privilegio ottenuto al momento del battesimo.

E lo sventurato Aymonet rispose “sì”.

Confuso, spaventato, pressato da suo padre, soggiogato e intimorito dalla presenza di Satana, il ragazzino obbedì alle richieste del demonio, abiurando alla fede cristiana. E subito dopo poté ottenere un assaggio di tutti quei doni che il demonio è ben lieto di concedere ai suoi adepti: tutti i partecipanti furono inondati di denaro; il festino si trasformò in un banchetto sontuoso con piatti ricolmi di carne di ogni tipo; e quando tutti ebbero mangiato fino a sazietà, giunse il momento di godere del piacere dei sensi in una gigantesca orgia collettiva. E anche Aymonet si unì a quei festeggiamenti, godendo del denaro, del cibo e delle donne: forse fu un rimorso di coscienza, o forse fu un attacco di paura, quello che lo spinse a un certo punto a tracciare sul suo viso un veloce segno di croce. Tanto bastò per mettere fine a quell’incanto e per catapultare Aymonet in un campo vicino a casa sua, nel quale il ragazzo giacque a lungo, confuso e stordito, prima di ritornare nel suo letto.

La confessione di Aymonet, a questo punto, si interrompe per lasciare spazio alle domande allarmate dell’inquisitore: giacché il ragazzo aveva acconsentito a diventare un adoratore di Satana, in cosa consisteva esattamente questa servitù? Aymonet, tra le lacrime, gli rispose che il diavolo gli aveva chiesto più volte di rubare l’ostia consacrata al momento di fare la comunione: il ragazzo ebbe per due volte la chance di farlo ma per due volte rifiutò di commettere quell’abominio e, preso da paura, preferì deglutire la particola che aveva appena ricevuto sulla lingua.

Seguirono, ovviamente, gli insulti e le percosse del padre. Che tornarono ad abbattersi sul ragazzo anche nel momento in cui, qualche tempo dopo, Aymonet fu condotto in un villaggio sulle rive del Reno ricevendo l’ordine di rapire un neonato, quasi si trattasse d’un qualche rito di iniziazione. Ma anche in quel caso Aymonet rifiutò, così come rifiutò di prendere parte attiva in un rituale portato avanti dagli adoratori di Satana che s’erano riuniti, per l’occasione, su un ghiacciaio che si estendeva su uno dei monti dietro Gruyères. Al seguito di suo padre, Aymonet si presento sul luogo dell’appuntamento ma si limitò a controllare le cavalcature dei convenuti, mentre tutti gli altri stregoni, imbracciati dei picconi ricevuti da Satana, cominciavano a martellare con violenza il ghiacciaio. Così facendo, staccavano minuscoli frammenti di ghiaccio che immediatamente balzavano verso l’alto e venivano inghiottiti da una grande nuvola nera: tramite questo incanto – avrebbe poi scoperto Aymonet – gli stregoni avevano ottenuto di scatenare una disastrosa grandinata sul comune di Vevey, provocando una infinità di danni alla brava gente del luogo.

Ma il ragazzo non aveva preso parte a quella macchinazione; e anzi, col passar del tempo diventava sempre più marcata la sua insofferenza verso la magia nera. Quel neghittoso apprendista stregone stava cominciando a imbarazzare seriamente suo padre, che in un’occasione sentì il bisogno di scusarsi per il comportamento del figlio e assicurare a Satana che, alla prossima occasione, il ragazzo si sarebbe certamente piegato al suo volere: si trattava solo di insistere un po’.
Ma Aymonet, sotto sotto, era un giovanotto di buon cuore; o forse era protetto da una buona stella, chi lo sa. Non si piegò mai alla volontà di Satana (non del tutto!), e probabilmente la morte del padre riuscì ad affrancarlo una volta per tutte da quella schiavitù. Non più di tre settimane prima della sua confessione, mentre stava svolgendo alcune commissioni per il parroco del luogo, aveva incontrato il diavolo lungo la strada che porta da Epesses a Cully. “Tu non rispetti le promesse che mi avevi fatto”, gli aveva detto Satana duramente. “Perché non mantieni gli impegni che hai preso?”. E Aymonet, a quel punto, era sbottato con la stessa intensità di uno starnuto troppo a lungo trattenuto: “perché io non voglio servirti!” aveva urlato. “Non voglio esserti fedele, non voglio esserti servo, non voglio avere nulla a che fare con te, da oggi in poi ti rinnego completamente!”. Non conosciamo neppure la reazione di Satana a fronte di un tale insulto, ché ad Aymonet bastò un segno di croce per scacciare via il demonio.

Fu proprio in quel giorno che maturò in lui la decisione di andare a consegnarsi all’Inquisizione (quella stessa Inquisizione che aveva perseguito e fatto uccidere suo padre!), e lo fece con la disperazione fiduciosa del figliol prodigo che torna alla casa natia.
Confessò, e ricevette l’assoluzione sacramentale – e null’altro che quella, se qualcuno se lo stesse domandando. La sua deposizione spontanea e il suo pentimento sincero furono ampiamente sufficienti per salvargli la vita: Aymonet fu avvisato che l’Inquisizione sarebbe stata ben più severa qualora fosse venuta a conoscenza di una sua ricaduta nel peccato… ma, all’atto pratico, non ebbe mai motivo di preoccuparsi. Il ragazzo, in lacrime, giurò sui Vangeli di voler restare per sempre fedele a Cristo – e, per quanto ne sappiamo, mantenne la sua promessa.

Ed è Aymonet il protagonista della puntata agostana della mia collaborazione con Babacio, l’antropologa (e bambolaia!) che mi accompagna nei miei viaggi in giro per la Storia, andando a caccia di streghe. in questo caso specifico, poi, Babacio è stata una guida particolarmente preziosa: perché, come potrete leggere meglio sul suo blog, Aymonet ha vissuto esattamente in quelle zone da cui proviene la famiglia di lei (sarà mica una discendente?!).
E allora non perdetevi il suo articolo a commento di questa storia, veramente pieno di informazioni!
Il commento dello storico

Nel leggere questa triste storia, psicologi ed educatori troverebbero probabilmente molti spunti di riflessione a partire dai quali inanellare i loro ragionamenti. Quanto agli storici, essi dovranno necessariamente partire dalla data in cui Aymonet rilascia la sua confessione: 30 luglio 1438.
È presto.
Non tanto perché, a quell’altezza cronologica, fosse un evento raro veder bandire un processo per stregoneria (in effetti era abbastanza raro, ma c’erano già stati dei precedenti): più che altro, la cosa che veramente balza all’occhio nel leggere la confessione di Aymonet è la sua descrizione del sabba. Questo sì, un dettaglio veramente inedito.

Aymonet è il primo stregone della storia a confessare d’aver partecipato a uno di quei loschi festini. Verrebbe quasi da definirlo “l’inventore del sabba” se non fosse per un paio di vaghi accenni che si trovano in alcuni processi per stregoneria banditi pochi anni prima. Con ogni evidenza, l’idea di sabba si stava lentamente facendo strada nell’immaginario collettivo, prendendo corpo e cementandosi proprio nel corso della terza decade del Quattrocento.

Non a caso, Aymonet è uno dei protagonisti di Ingannatori, malefici e sapienti, il libro nel quale mi sono divertita ad analizzare l’evoluzione del pensiero circa la pratica della magia e della stregoneria analizzando le storie di ventuno individui (uomini e donne) andati a processo, di fronte a tribunali ecclesiastici o civili, dal 1308 al 1757. A disposizione su Amazon, per chi desiderasse!



Per approfondire: Origins of the Witches’ Sabbath di Michael D. Bailey (Pennsylvania State University Press, 2021) e L’imaginaire du sabbat: Edition critique des textes les plus anciens (1430 c.-1440 c.) a cura di e Marina Ostorero (Cahiers Lausannois d’Histoire Médiévale, 1999)

2 risposte a "Aymonet, stregone pentito"

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