I micùn di Belvedere Langhe, tra folklore e devozione

Se questo weekend non avete voglia di restare a casa, e se non ci sono troppi chilometri a separarvi dal Cuneese, potreste fare qualcosa di diverso organizzando un’incursione a Belvedere Langhe, un piccolo comune di 350 anime che svetta sulle dolci colline della zona. Lì, ogni anno, nella seconda domenica di Pasqua, l’oratorio di San Sebastiano ospita una cerimonia decisamente particolare nel panorama delle tradizioni del folklore cattolico piemontese: è la distribuzione dei micùn, le micche, cioè le grosse pagnotte a pasta dura tipiche di quella zona.

Le origini della festa vengono fatte risalire al 1612, anno in cui a Belvedere viene costituita la Confraternita dei Battuti Bianchi, un gruppo di penitenti che, a colpi di flagello, cercavano l’espiazione dei peccati già commessi e la forza per conquistarsi santamente il Paradiso.

Fin da subito, il gruppo di flagellanti si legò alla figura di san Sebastiano, e cioè il patrono che la tradizione cattolica invocava ogni qualvolta che s’affacciava all’orizzonte una malattia contagiosa: e fu probabilmente in virtù di questa familiarità col santo che i Battuti si industriarono per cercare un modo di far giungere la sua protezione anche a chi non se la sentiva di squarciarsi le carni a colpi di flagello pur di entrargli in simpatia.

Nacque così, probabilmente già nelle prime decadi del Seicento, la consuetudine di distribuire ai fedeli delle grosse pagnotte caserecce che erano state fatte benedire per l’occasione: ovviamente la speranza era che, tramite quella preghiera propiziatoria, san Sebastiano volesse guardare con benevolenza alle necessità dei suoi devoti, accordando loro la sua potente protezione.

E, di per sé, fin qui nulla di strano: la distribuzione di pani benedetti nelle feste dedicate ai santi è un grande classico della religiosità popolare cattolica, da Nord a Sud d’Europa. Ma i micùn di Belvedere sono particolari per un’altra ragione: e cioè, per la voluta e ostentata segretezza che ne accompagna la preparazione. Se, di norma, i pani che vengono benedetti in chiesa sono delle normalissime pagnotte comprate dal fornaio, identiche a quelle che le massaie portano in tavola tutti i giorni, i micùn di Belvedere vengono preparati personalmente dai Battuti e nella segretezza più totale. E forse non sarebbe eccessivo ricorrere all’aggettivo di “esoterico” per descrivere il complesso rituale di panificazione che rende possibile questa festa, tenuto conto del fatto che solamente i membri della Confraternita avevano (e ancor oggi hanno) la facoltà di visionare la ricetta, gelosamente custodita dal loro decano.

E questa sì che è una particolarità.

Naturalmente, al pane che viene benedetto in chiesa sono attribuite delle facoltà speciali in virtù della benedizione che ha ricevuto, e non in virtù degli ingredienti con cui è stato fatto.
E, naturalmente, la Confraternita dei Battuti Bianchi non ha mai affermato né lasciato intendere che il suo pane sia speciale a motivo della sua particolarissima preparazione; però, diciamo pure che la segretezza con cui si svolge la panificazione aggiunge al tutto un tocco di mistero che non fa mai male… e che anzi accende inevitabilmente la curiosità. Sicché erano (e ancor oggi sono) numerosi gli uomini che si mettevano in viaggio appositamente allo scopo di salire a Belvedere nel giorno stabilito e guadagnarsi così una pagnotta benedetta, da portare a casa e custodire come tesoro caro.

Di norma, il pane non era consumato subito ma veniva conservato per tutto l’anno, come farmaco prezioso e panacea soprannaturale da utilizzare con cautela, al momento del bisogno; globalmente, si riteneva che tenersene in casa un esemplare potesse aiutare a tener lontani mali contagiosi, ma le peculiarità del pane non si fermavano qui. Per esempio, si credeva che spargerne le briciole sui campi potesse preservarli dalla grandine e favorire la crescita del raccolto; ma erano soprattutto gli allevatori a tenere in gran considerazione queste pagnotte, visto che somministrare un po’ di mollica avrebbe risanato il bestiame malato e garantito parti facili e prole numerosa a tutte le pecore gravide.

Oggigiorno, la grandine fa meno paura che in passato e di pecore se ne allevano ormai relativamente poche. E così, in tempi recenti, la specializzazione dei micùn sembra essersi spostata su problematiche più comuni: ciò che adesso si dice che è che i pani benedetti siano particolarmente efficaci nel curare il mal di stomaco (forse un’eco del travaglio delle pecore reso agile e veloce?) e nel lenire il fastidio dei bambini alle prese con la dentizione (un grande classico del folklore popolare, che è pieno di rimedi per la bisogna). E se qualcuno dovesse provare una certa perplessità al pensiero di trovarsi piegato in due dal mal di stomaco e costretto a ingollare pane stantio nella speranza di ottenere un po’ di sollievo: beh, no panic! La tradizione locale assicura che i micùn conservino “miracolosamente” intatta la loro fragranza nonostante lo scorrere del tempo, pronti offrire ai malati un boccone sempre saporito quando arriverà il momento del bisogno.

Sarà merito della benedizione? O sarà forse un miracolo extra del provvidente san Sebastiano? O bisognerà attribuire il merito di questo prodigio alla segretissima ricetta custodita dai Battuti Bianchi?

La tradizione locale non si esprime, quindi toccherà sospendere il giudizio. In ogni caso, non farà male raccontare quel poco che si sa circa la preparazione dei micùn: che prende il via il venerdì della seconda domenica di Pasqua, data in cui i Battuti d’un tempo iniziavano a lavorare quel loro impasto segreto. Anche se oggi i tempi di lievitazione sono stati notevolmente ridotti, in passato le pagnotte venivano lasciate a crescere per una giornata intera: nella notte tra il sabato e la domenica, venivano fatte cuocere nel forno di uno dei membri della Confraternita e, alla prime luci dell’alba, il loro profumo fragrante richiamava tutti i fedeli alla Messa del mattino.

Lì, i micùn venivano benedetti, come accade ancor oggi, e posti sotto la benedizione di san Sebastiano; seguiva (e ancor oggi segue) un cammino processionale durante il quale l’effige del santo attraversa le vie del borgo, seguita dai Battuti che portano con sé le loro ceste di pane. Solo a quel punto arrivava il momento tanto atteso, cioè quello della distribuzione: una distribuzione molto virile, visto che (almeno sulla carta) solo ai capofamiglia maschi dovrebbe essere dato il permesso di avvicinarsi alle balaustre dell’altare per prendere in consegna il prezioso pane. Il folklore religioso – che piaccia o no – tende ad avere ben poco riguardo per le quote rosa.

Una curiosità?
Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly, conosce bene le tradizioni che circondano i micùn, prodotti a pochi chilometri dal suo paese natio. E nell’estate del 2017, quando Eataly inaugurò il suo punto vendita di Downtown Manhattan, che s’affaccia direttamente su Ground Zero, Farinetti volle opportunamente fare qualcosa per portare il suo omaggio alle vittime dell’attentato, che avevano perso la vita a pochi metri di distanza. Scelse di farlo attraverso il cibo, proponendo una selezione di pani che, in virtù della loro storia, trasmettevano messaggi di fraternità e di pace. Uno di questi era proprio il micùn dei Battuti Bianchi, che fu impastato e preparato sul posto da uno dei membri della Confraternita, arrivato a New York appositamente con lo scopo.

Ovviamente, in quel caso, il pane non fu benedetto (si trattava pur sempre di una pagnotta dedicata alla vendita nell’ambito di una attività di marketing, dopo tutto), ma in fin dei conti non farà male pensare che san Sebastiano abbia comunque rivolto il suo sguardo a ciò che combinavano i suoi fedeli, dalle parti di Ground Zero, tra bustine di lievito e sacchi di farina. In fin dei conti, era solo grazie a lui se quei pani erano arrivati fin lì: non capita mica tutti i giorni che una pagnotta di campagna abbia, attraverso i secoli, un’esistenza così avventurosa!


Per approfondire:

Il sacro nelle Alte Langhe (Comune di Belvedere Langhe)
– Francesa Ciancimino Howell, Food, Festival and Religion. Materiality and Place in Italy (Bloomsbury Publishing, 2018)

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