E il latte sgorgò dal petto di Maria

Il marito di Maria Caroens svolgeva la professione di pellegrino a cottimo per conto terzi: vale a dire che quando qualcuno decideva di chiedere a Iddio la grazia di un miracolo, ma non aveva né il tempo né la voglia di compiere personalmente il pellegrinaggio che di solito precedeva questo tipo di richieste, il viandante prezzolato si metteva a sua disposizione per svolgere il viaggio a nome suo e far giungere al Cielo la preghiera del committente. Chi ha letto il mio libro dedicato alla caccia alle streghe ha già incontrato questo tipo di professionisti nell’ambito di una truffa a sfondo magico, il che potrebbe legittimamente far pensare che il pellegrinaggio per conto terzi fosse una pratica superstiziosa e sanzionata dalla Chiesa, portata avanti da ciarlatani e lestofanti buoni solo a turlupinare i gonzi.
Ecco, no: per buona parte del Medioevo e dell’età moderna, questa rispettabile professione fu portata avanti alla luce del sole e (oserei aggiungere) non senza qualche fondamento teologico, tenuto conto del fatto che anche oggi è tecnicamente possibile per un vivente lucrare una indulgenza plenaria a vantaggio di un fedele già defunto. All’epoca, evidentemente, non pareva così implausibile che un cattolico dal cuore generoso, armato di buone gambe e con molto tempo libero a disposizione, potesse proficuamente compiere pellegrinaggi per conto d’un suo correligionario, facendo ricadere su di lui tutti i meriti celesti derivanti da quel gesto.

E, forse, tanto basta per introdurre la strana storia che sto per raccontare: che, nella sua semplicità, è incantevolmente deliziosa proprio per il modo in cui dipinge la disinvoltura con cui i nostri antenati s’approcciavano al sacro e al prodigioso nella loro vita di ogni giorno. Se non amo particolarmente il concetto di “disincantamento del mondo” introdotto in storiografia da Max Weber, va ammesso che certe storie sembrano esser fatte apposta per confermare la sua lettura: almeno in certa misura, è probabilmente vero che un tempo gli uomini sentivano di vivere in un mondo molto più prodigioso del presente.

***

Dicevamo, insomma, che il marito di Maria Caroens svolgeva la professione di pellegrino a cottimo per conto terzi: un impiego che, evidentemente, lo costringeva a stare lontano da casa per lunghi periodi di tempo (e che, a dirla tutta, non garantiva alla famiglia entrate costanti e regolari). Fu certamente questa la ragione per cui, nonostante la sua torma di figlioli, Maria decise di complicarsi ulteriormente la vita aprendo una piccola bottega di waffles a Poperinge, nelle Fiandre Occidentali, a quale chilometro da Gant. E questo è un dettaglio da memorizzare perché ci tornerà comodo più avanti (o anche adesso, se siamo tipi golosi. Lasciandosi ispirare da questa storia, Michela di Mani di pasta frolla s’è divertita a riprodurre i waffles di Maria seguendo una ricetta che arriva proprio dalla Gant del XVI secolo).

Maria era una di quelle donne che hanno, al tempo stesso, troppo e troppo poco. Per esempio, aveva decisamente troppi impegni e troppo lavoro, e non scherzava neppure quanto al numero di figli (quattordici in tutto, nati in rapida successione, di cui cinque morti in tenera età); per contro, aveva decisamente troppo poco latte nel suo seno. E questo era sempre stato un grande cruccio per la donna, che ogni volta aveva avuto l’impressione di non riuscire a sfamare a sufficienza i suoi bambini: in un modo o nell’altro, in un girotondo di balie, mastiti e svezzamenti precoci, era sempre riuscita a fare di necessità virtù; ma in quell’estate del 1657, la situazione pareva davvero disperata. In questo caso, non è che la puerpera avesse poco latte; non ne aveva proprio: neppure una singola goccia. Come già aveva fatto tante volte in passato, Maria aveva mandato a balia il suo neonato; ma i mesi erano passati drenando lentamente i risparmi della famiglia; e, quel che è peggio, la popolazione di Poperinge sembrava singolarmente inappetente e priva di grazie da richiedere: il lavoro languiva, i soldi stavano finendo, e la nutrice doveva giustamente esser pagata per il suo servizio.

Dapprima, Maria cercò aiuto nelle istituzioni, sperando che qualche ente potesse farsi carico delle spese necessarie per sfamare il figlio di una famiglia poco abbiente. Saltò fuori che a Gant c’erano molti enti benefici che si occupavano di mandare a balia i bambini orfani o comunque abbandonati, ma nessuno era disposto a farsi carico di un bambino che cresceva in seno a una famiglia in cui, tutto sommato, ambo i genitori avevano un lavoro. Rassegnata, Maria riprese con sé il figliolo e provò a svezzarlo anzitempo, pur conscia dei rischi che questa pratica disperata comportava spesso per i neonati: all’atto pratico, si rese subito evidente che il bambino rifiutava il cibo, e comunque rimetteva qualsiasi cosa che non fosse latte. Nelle mani impotenti della madre in lacrime, il bimbo stava deperendo a vista d’occhio; e fu così che («più per disperazione che per devozione», a quanto dicono gli atti del processo), Maria si rassegnò infine a chiedere un miracolo al Cielo.

Lo fece al tramonto della vigilia di Ognissanti, in una di quelle comode coincidenze che condiscono questa storia con una ulteriore spolverata d’incanto; e lo fece portandosi dietro due grosse candele di cera modellate nella forma di due seni gonfi a grandezza naturale: una sorta di ex voto anticipato, giusto per chiarire graficamente la natura della grazia che stava richiedendo. Armata di quell’offerta (bizzarra solo ai nostri occhi: ché, all’epoca, ex voto di tal fatta erano molto più diffusi di quanto immagineremmo), Maria si recò nella sua parrocchia, depose i seni in cera di fronte alla statua della Vergine e, con tutta la sua disperazione, pregò supplicando di veder esaudita una delle seguenti tre richieste: che il latte le tornasse miracolosamente in seno; che qualche benefattore si facesse avanti per pagare la balia per suo figlio; o che al bambino venisse quantomeno data la grazia di una morte rapida, senza troppe sofferenze.

Per tre giorni consecutivi Maria si raccolse in preghiera, offrendo alla Vergine un disperato triduo; ma per tre giorni consecutivi le toccò tornare a casa al solo scopo di scoprire che, no, non c’era stato alcun miracolo. La donna stava già cominciando a disperare quando una sua amica, ascoltandone lo sfogo, la confortò dicendo che non c’era nulla di sbagliato in lei, né tantomeno nelle preghiere che rivolgeva alla Madonna. A essere sbagliata, era proprio la Madonna: o, per meglio dire, quella specifica effige mariana di fronte a cui Maria si inginocchiava. In città, esisteva una Madonna molto più efficace, che risiedeva a qualche isolato di distanza all’interno della chiesa dei Gesuiti: si trattava di una statua della Vergine che era notoriamente miracolosa, se non altro per il fatto che, qualche anno prima, era stata gettata nel fuoco da un protestante senza che le fiamme riuscissero a lambirla. E si diceva infatti che quasi nessuno vedesse inascoltate le preghiere che indirizzava al cielo per mezzo di quella statua (concetto che naturalmente farebbe inorridire teologi seri, ma non due comari di metà Seicento). Provare non costa nulla, sicché Maria tentò anche quella strada. A mani vuote, fortunatamente: ché per le protesi di cera aveva evidentemente finito i soldi.

Stando a ciò che la donna dichiarò successivamente ai funzionari diocesani, si raccolse in preghiera di fronte all’effige recitando la seguente supplica: «Santa Madre Maria, non ho soldi da offrirti; ma ti offro la mia anima, il mio corpo e la mia semplice famiglia, se è possibile che un miracolo venga concesso anche a questa povera e piccola peccatrice. Prendi con te mio figlio e portalo via da questo mondo; oppure, donami il latte; oppure, spingi qualcuno ad accogliere mio figlio per nutrirlo». Dopodiché, recitò un intero rosario e ascoltò la Messa, appurando tristemente che nessun cambiamento sembrava all’orizzonte. Lo stesso copione si ripeté il secondo giorno e si sarebbe probabilmente ripetuto anche il terzo, se non fosse che a un certo punto (verso la fine della Messa, quando ormai s’approssimava il momento di tornare a casa a mani vuote) Maria si sentì invadere da una disperazione che, francamente, cominciava a mescolarsi a rabbia sorda. Fissando l’ostia che proprio in quel momento veniva sollevata dopo la consacrazione, la donna sussurrò «Signore, la Messa è quasi finita e tu non mi hai ancora dato ascolto». Tutto quello che accadde dopo, se lo sentì raccontare dalle altre comari che erano in chiesa in quel momento: riversa sull’inginocchiatoio del suo banco, Maria sembrò perdere i sensi o cedere a un colpo di sonno. Si risvegliò dopo qualche minuto, madida di sudore, con getti di latte che schizzavano a fiotti dal seno sinistro (solo quello), bagnandole i vestiti e pure il banco della chiesa. Nel seno destro, per contro, stava rapidamente prendendo corpo un bell’ingorgo mammario, visto che il latte non riusciva a uscire dalla mammella a causa di un difetto congenito che l’aveva sempre fatta penare.

Sgomenta e grata, Maria tornò a casa; e, per la prima volta in vita sua, sperimentò la gioia di poter nutrire a sazietà uno dei suoi figli. Ma la storia non finisce qui; perché, nei giorni successivi, la sovrabbondanza della misericordia divina si rese manifesta in lei attraverso un seno abnorme che cresceva a dismisura, e soprattutto a vista d’occhio (fa ridere, ma a quanto pare la mutazione fu così eclatante da essere citata – e più di una volta – nelle carte del processo). Ormai diventata un’orgogliosa maggiorata, capace non solo di sfamare, ma anche di mettere all’ingrasso quel frugolino che teneva tra le braccia, Maria addivenne alla determinazione di raccontare la sua storia a uno dei sacerdoti della chiesa che conservava la miracolosa statua della Vergine.

E così, un paio di giorni dopo Natale, Maria sgusciò nel terzo confessionale della chiesa e raccontò la sua storia a padre van Liere, il sacerdote che era di turno in quel momento. Il quale doveva essere uno di quei preti un po’ storditi che pensano solo al Cielo e hanno scarsa dimestichezza per le cose pratiche: il religioso si complimentò con Maria, le promise che avrebbe celebrato una Messa a suo nome per rendere lode della grazia ricevuta… ma omise di fare la cosa più rilevante: cioè, prendersi il numero di telefono della miracolata, metaforicamente parlando. Ché non capita mica tutti i giorni di accogliere una donna che sarebbe disposta a giurare sui Vangeli per dire “sì, nella vostra chiesa si conserva una effige prodigiosa di fronte alla quale ho chiesto e ottenuto una così grande grazia”: la storia di Maria avrebbe dato ai Gesuiti la preziosa chance di aprire un processo con cui ufficializzare la miracolosità della loro statua… e quel tonto di van Liere si era fatto scappare la miracolata da sotto il naso?!

Manco a dire che l’uomo l’aveva vista in faccia e quindi sarebbe stato in grado di riconoscerla per strada: è pur vero che Poperinge non è una città particolarmente popolosa, ma è anche vero che la donna s’era confidata al sacerdote attraverso le spesse grate del confessionale, fatte apposta per occultare le fattezze dei penitenti. Sicché, i poveri Gesuiti si videro costretti a ricorrere al passaparola, mettendo in giro la voce per cui stavano cercando disperatamente una donna che era stata miracolata così e cosà; e sono ben buffe le modalità attraverso cui, dopo due mesi di ricerche sempre più affannose, riuscirono finalmente a ritrovar traccia di Maria.

Tra le tante persone che avevano sguinzagliato alla ricerca della donna, v’era anche la Piccola Adrian, una loro parrocchiana che svolgeva la professione di lattaia e quindi incontrava ogni giorno un gran numero di clienti. E chissà: magari, con un po’ di fortuna…
Di fortuna, a onor del vero, i Gesuiti ne ebbero parecchia. Ciò che i sacerdote non potevano sapere è che la Piccola Adrian gestiva un negozietto all’inizio di via Savaan; e che anche la bottega di waffles di Maria si affacciava sulla stessa via, a qualche civico di distanza! Inconsapevolmente, la donna del miracolo era una cliente abituale della bottegaia che la cercava disperatamente e che periodicamente riforniva il suo negozio con il burro e il latte con cui Maria preparava giustappunto i suoi squisiti waffles. Le due comari non erano in particolare confidenza, ma un giorno si misero a chiacchierare del più e del meno e la pasticcera decise di esternare la sua gioia spiegando a Adrian che «sì, grazie va tutto bene; ho attraversato un momento difficile quanto a soldi, ma adesso va molto meglio grazie alla benevolenza di Dio e della Santa Vergine, perché ho ricevuto la grazia di poter allattare mio figlio». Così si legge negli atti del processo. E si legge anche che Adrian, comprensibilmente, sussultò nell’udire quelle parole: «ma allora sei tu la donna che stavo cercando!».

E così vissero tutti felici e contenti?

Beh, non proprio. Sicuramente, furono molto felici i Gesuiti, che accolsero a braccia aperte la miracolata (e, per buon conto, ingaggiarono anche suo marito per una serie di pellegrinaggi a basso raggio da lì a Bruxelles, in modo tale da dargli un guadagno sicuro senza tenerlo lontano da casa per troppo tempo). Prontamente, avviarono il processo canonico affinché il prodigio fosse riconosciuto ufficialmente: e, almeno all’inizio, tutto sembrò andare per il verso giusto, giacché un team di otto medici fu compatto nel dichiarare miracoloso il fatto che una donna di quarantadue anni, che era nota in tutta la città (!) per il suo seno «depresso e languido» (ellamiseria) si trovasse ora non solo in grado di sfamare il figlio, ma provvista di un paio di curve che sembravano uscite dai sogni perversi di un adolescente in crisi ormonale.

In realtà, il miracolo non fu mai riconosciuto ufficialmente. Poiché la cosa stava diventando seria (e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la Chiesa d’età moderna fu tendenzialmente sempre molto cauta prima di scrivere a chiare lettere la parola “miracolo”), nell’autunno 1658 una nuova commissione medica chiese di poter esaminare Maria prestando maggiore attenzione alla sua storia clinica. In particolar modo, si concentrò sulla deformità della sua mammella destra, da cui i figli non erano mai riusciti a sfamarsi e che infatti continuava a essere deforme, con buona pace del miracolo; furono esaminati con attenzione anche i tentativi di farsi tornare il latte a suon di impacchi, intrugli e tisane curative che Maria, per sua stessa ammissione, aveva posto in essere nello stesso periodo in cui chiedeva grazie alla Madonna.
Alla fine dell’inchiesta, i periti si espressero in modo molto più prudente: tre dei quattro medici che componevano la commissione ritennero che la lattazione di Maria fosse certamente preternaturale; ma, in coscienza, non si sentirono di dichiararla soprannaturale. Tradotto in lingua corrente dall’ecclesiastichese stretto: i medici ritennero di trovarsi di fronte a un fenomeno sicuramente eccezionale in base al normale funzionamento delle leggi di natura, ma non necessariamente così eclatante da porsi al di sopra di esse, scavalcandole in maniera così clamorosa da dover necessariamente far pensare un intervento divino.
Insomma: Maria aveva sicuramente ricevuto una grazia; ma… un vero e proprio miracolo? Meh. Quello era dubbio.

I Gesuiti non la presero bene e protestarono apertamente contro una sentenza che, a loro giudizio, era eccessivamente rigida. Maria, dal canto suo, se ne curò ben poco: s’era messa a disposizione dei sacerdoti per aiutare chi per primo l’aveva aiutata, ma l’unica cosa che le interessava veramente era il bene della sua famiglia: e il suo bimbetto grassoccio s’addormentava ogni sera sereno e sorridente, col pancino pieno, beandosi di quel (letterale?) assaggio di Paradiso. E tanto bastava, alla donna del miracolo.


Per approfondire: Craig Harline, Miracles at the Jesus Oak. Histories of the Supernatural in Reformation Europe (Yale University Press, 2011)

Una risposta a "E il latte sgorgò dal petto di Maria"

  1. Enzo

    leggo sempre con molto piacere quanto scrivi. Complimenti per la tecnica, cerrtamente di ottima narratrice ma ancor di più per i messaggi di FEDE, SPERANZA e CARITA’ a volte anche solo sottesi ma sempre presenti ed illuminanti
    Grazie

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