Cinque brand che fanno al caso vostro se volete andare in spiaggia con un occhio all’etica e al pudore

Se  mi leggete da un po’ di tempo, lo saprete: questo blog si interessa di tanto in tanto alla modest fashion, e cioè a quello stile di vestire – frequentemente, ma non solo, dettato da convinzioni religiose – per cui le donne non amano andare in giro mezze nude (id est: con minigonne, mini shorts, scollature profonde, e così via dicendo) preferendo invece esprimere se stesse con un abbigliamento che potremmo definire “più pudico”.
Se mi leggete con attenzione saprete anche che, da un paio d’anni, la sottoscritta ha deciso di complicarsi la vita scegliendo di comporre il suo guardaroba non solo secondo i criteri della modest fashion, ma anche tenendo d’occhio i criteri della moda etica. Id est: capi d’abbigliamento che vengano prodotti in condizioni di lavoro decenti e da lavoratori quantomeno non ridotti in schiavitù, se non proprio remunerati come Dio comanda.

Ebbene: poiché la micidiale combo di questi due criteri ha determinato un rapido restringersi del mio guardaroba e un significativo picco di accessi alle pagine che trattano di questi argomenti, segno che il tema interessa, ecco qui un comodo vademecum per la fashionista modesta ed etica (poraccia…) che ha bisogno di comprare un costume da bagno per le vacanze al mare.

Sulla vexata quaestio “bikini sì / bikini no”, che ogni anno infiamma le pagine di modest fashion, io propendo, con ogni evidenza, per il no. Cioè: senza offesa per chi se lo mette, ma io mi sento decisamente più a mio agio con un costume intero, meglio se accompagnato da un pareo quando si sta in spiaggia. (A dire il vero amo molto anche gli abiti da bagno, ma non ho ancora trovato aziende che li producano secondo i criteri del fair trade che stanno a cuore a me…).
Per questa ragione, ognuna delle proposte che seguono riguarderanno solo costumi interi. Se vi interessano i bikini (o se non vene può fregar di meno della modest fashion, e siete capitati qui alla ricerca di costumi da bagno etici tout cort), ovviamente tenete conto che ognuna delle aziende che vi linko propone nel suo catalogo anche costumi molto meno castigati.

Ma intanto… quali sono queste meravigliose aziende?

Kiniki

Kiniki nasce una quarantina d’anni fa nella ridente cittadina di Newcastle Under Lyme, Strattfordshire. Da quel dì, opera per produrre prodotti interamente made in England, il che è una confortante garanzia di condizioni di lavoro, diciamo, non disumane.
L’ho trovata interessante per due ragioni. Uno: i bassi costi di spedizione – Kiniki punta tutto sul commercio online, e per spedizioni in Europa applica una tariffa di circa 5 sterline (un po’ di più o un po’ di meno, a seconda dell’importo del vostro ordine). Due: Kiniki pare aver sviluppato una speciale tecnologia Tan Trough – dei micro-buchini sulla stoffa del costume da bagno dovrebbero permettere ai raggi del sole di penetrare attraverso il tessuto, garantendo una abbronzatura uniforme. Caratteristica che diventa tanto più preziosa quanto più Kiniki offre una vaaaasta serie di abiti da spiaggia (parei, harem pants, kaftani), e chi più ne ha più ne metta. Se mirate all’abbronzatura e “dovete” scoprirvi il più possibile per questa ragione, Kiniki potrebbe essere la soluzione modesta che fa per voi.

KINIKI COSTUMI

  1. Costume da bagno Tahiti, € 32,37
  2. Pareo Azure, € 16,44
  3. Ledbury Ladies Swimsuit, € 20,42

Vive Maria

Non sono perfettamente certa di amare Vive Maria, un brand che inneggia a Maria Vergine (ooohh!), ti piazza medagliette miracolose su ogni abito (oooohhhh!!!), epperò lo fa in un’ottica che mi sa tanto sia provocatoria. Vive Maria è un brand di intimo sul sexy andante con uno stile deliziosamente retrò: e diciamo che, per piazzare la medaglietta della Madonna su un babydoll, o sei davvero molto devota… oppure lo fai con altre intenzioni.
In ogni caso: Vive Maria esiste e lotta assieme a noi, forte di una produzione interamente made in Germany (il che, di nuovo, è garanzia di una filiera di produzione quantomeno controllata).
Se vi piacciono i costumi retrò (… con un tocco di catto-kitch) probabilmente non potrete resistere a questi:

VIVE MARIA COSTUMI

  1. Costume Sweet Swallow, € 23,99
  2. Costume Blue Sea, € 23,99
  3. Costume Fleur Noir, € 23,99

King Louie

King Louie, come sapete, è uno dei miei brand preferiti, per quanto riguarda l’abbigliamento etico. Anche questo marchio olandese punta tutto su uno stile coloratissimo e retrò, con stampe floreali e motivi anni ’70. I suoi prodotti non sono Made in Nederlands: King Louie si avvale di aziende manifatturiere delocalizzate in aree spesso soggette a sfruttamento, come Albania e Turchia. La cosa bella, però, è che l’azienda ha particolarmente a cuore il fair trade, ed esige che le aziende con cui collabora abbiano standard ben precisi circa la sicurezza sul lavoro e il trattamento dei dipendenti. Insomma: un bel modo per delocalizzare… facendo del bene là dove si dà lavoro.
Avviso per i deboli di cuore: questi costumi da bagno sono carucci in più di un senso…

KING LOUIE COSTUMI

  1. Costume “Lambada”, € 94,95
  2. Costume “Cherise”, € 94,95
  3. Costume “Hula”, € 94,95

Adalù

Adalù è un marchio che trovo moooolto interessante, per molteplici ragioni.
La prima: è una azienda italianissima, con sede sulla Casilina – e un po’ di sano campanilismo, si sa, in economia non fa mai male. La seconda: oltre a modelli normalissimi e vezzosi, Adalù propone anche tagli straordinariamente castigati (oltre che vere e proprie mute per surfisti). E infine: la stylist di Adalù ha a cuore non solo il made in Italy, ma anche l’ambiente, e punta a collezioni sempre più all’insegna della sostenibilità ambientale. E anche quello non fa male, dai!

ADALU COSTUMI

  1. Costume Avocado, € 41,30
  2. Mezzaluna rosa, € 79,90
  3. Costume “The Seventies”, € 69,00

Frija Omina

Minimalista e austera come comanda la tradizione mitteleuropea, così è la collezione mare di Frija Omina, piccolo brand tedesco con sede a Berlino. Non solo la produzione è interamente made in Berlin, ma l’azienda dedica moltissima attenzione anche alle tematiche ambientali. Il suo stabilimento va avanti a suon di energie rinnovabili, le stoffe selezionate per il confezionamento provengono in gran parte da coltivazioni bio, e gli scarti di lavorazione non vengono gettati, ma usati come imbottitura per cuscini. Se amate uno stile minimal e senza tempo (…e se avete un budget alto), questo marchio potrebbe fare per voi!

FRIJA COSTUMI

  1. Tankini in tessuto ricilato “Nowe”,  € 99,90
  2. Costume in tessuto biologico “Madri”, € 99,00
  3. Costume in tessuto riciclato “Laik”, €99, 90

***

Certo, mi pare già di sentirvi: “e dove cavolo le compro queste marche, mai sentite prima??”.
La risposta ovvia è: su Internet, ma non disperate – se non siete amanti degli acquisti online, se preferite provare i prodotti in camerino, se non vi fidate di questi marchi sconosciuti… there’s more to come, come dicono gli Inglesi.  Anche nella grande distribuzione ci sono alternative etiche (…o, quantomeno, meno peggio delle altre) per chi ha bisogno di fare shopping per l’estate.
Prossimamente, su questi schermi!

10 risposte a "Cinque brand che fanno al caso vostro se volete andare in spiaggia con un occhio all’etica e al pudore"

  1. lopsicotaccuino

    Molto interessante questo articolo!
    Sto cercando un bel costume intero da sostituire ai bikini comprati negli anni (alcuni assolutamente da eliminare, uno a dir la verità anche abbastanza “mettibile”) e a quello stile “nonna Abelarda” che avevo modificato per via della scollatura oscena. Ancora non ho trovato qualcosa di bello, ma aspetto il post sull’abbigliamento da negozio perché – per ora – delle taglie su internet non mi fido tanto. 😛

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  2. Pingback: Per un costume da bagno etico&pudico. Guida ai ‘meno peggio’ della grande distribuzione – Una penna spuntata

  3. Valeria

    Concordo appieno con il qui presente articolo. infatti io, pur essendo giovane, anch’io al mare indosso spesso il costume intero, sia per via di un piccolo difetto fisico (ho determinate cadenze), che, per un fatto più di comodità che di pudore. Distinti saluti.

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    1. Lucia

      Fortunatamente mi sembra di poter dire che negli ultimi anni i costumi interi stanno lentamente tornando di moda 🙂
      E a buon diritto, perché (al di là del pudore, che per me è importante ma posso capire che non lo sia per altri) oggettivamente secondo me aiutano molto, mascherando piccoli difetti e slanciando la figura!

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      1. Elisabetta

        Ce ne sono di interessanti da Dechatlon ma purtroppo sono troppo….stretti sul seno e segnano. Dechatlon è un brand etico a tuo avviso?

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        1. Lucia

          Non tanto “a mio avviso”, ma direttamente ad avviso di alcuni siti che si occupano di spulciare i dati audit delle varie compagnie per tracciarne un profilo sul piano etico, Decathlon pur troppo non solo non è etico, ma è anche uno dei peggiori tra i grandi marchi 😐 Nel senso che non si è manco preso il disturbo di fare dichiarazioni tipo “miglioreremo, col tempo” no, lui va proprio avanti per la sua strada così XD

          Vedi qui per un elenco delle criticità: https://guide.ethical.org.au/company/?company=2970

          Di costumi interi però se ne trovano spesso, ormai! E in tanti stili diversi. Qui, l’anno scorso, avevo elencato alcuni tra i marchi “meno peggio” della grande distribuzione (tra cui Esprit, GAP e Petit Bateau, ad esempio). Quest’anno, parlando di marchi totalmente etici/artigianali, ho una passione per i costumi bellissimi e colorati di ByAlis (ma non ne ho mai comprati, quindi non posso dare giudizi in prima persona).

          Detto proprio molto onestamente: capisco benissimo le perplessità a spendere tanti soldi in un costume da bagno, cioè in un capo che per definizione si usa poche settimane all’anno e oltretutto, tra sale e cloro, nel tempo si rovina pure. E manco lo si può comprare usato, che schifo.
          In questo caso, ammetto che pure io, per un utilizzo occasionale, cercherei qualcosina di grazioso in posti tipo H&M e Oysho, e pazienza 😛

          (Io attualmente ne ho uno – non vado spesso in spiaggia – comprato da Bonprix)

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  4. Claudia

    Qui a Roma le teenager vanno in giro in gruppo, tutte con gli shorts (in alcuni casi la stoffa finisce a metà natica). I ragazzi sono “assuefatti” secondo me. Lo dico perché nella mia zona c’è una comunità di Evangelisti e quando le loro teenager vanno in giro seguono le loro regole di abbigliamento: solo gonne sotto al ginocchio (di varie fogge e colori) e un foulard tra i capelli. Beh quando arrivano loro tutti le notano (personalmente le trovo carinissime) ….Questo per dire che oggi come oggi il pudore è qualcosa di così insolito che attira l’attenzione più delle nudita 🙂

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    1. Lucia

      Guarda, è esattamente lo stesso tipo di pensiero che ha dato il via, qualche giorno fa, a questa bella discussione sul mio profilo Instagram:

      https://www.instagram.com/p/B0ZBq7ZI0VP/

      La mia riflessione partiva dalle due differenti visioni di modestia che abbiamo io e mia mamma.
      In sintesi: secondo me, “modestia” è innanzi tutto coprirsi; secondo mia mamma, è innanzi tutto “non dare l’occhio e non mettersi al centro dell’attenzione”, una differenza di vedute che è emersa la prima volta che io da ragazza mi sono comprata un paio di pantaloni di un bel colore rosa acceso, pudicissimi!, e mia mamma li aveva guardati strano dicendo “ma te la senti di uscire così? Così colorati, danno nell’occhio…”.

      Quindi probabilmente mia mamma, nel contesto che descrivi, uscirebbe anche lei con gli shorts, magari non a mezza coscia, per “non dare nell’occhio”.
      Ehm, io no 😛
      Io non mi sono mai fatta questi problemi, e anzi: se il mio abbigliamento un po’ diverso dalla classica combo canotta+shorts viene notato dalla gente, e la spinge a interrogarsi, tanto meglio. E’, a suo modo, una forma di testimonianza, come fanno tanto bene le ragazzine evangeliche che descrivi. Chiaramente non parlo di abbigliamenti vistosamente fuori dal comune o improponibili nel contesto (sennò fai un cattivo servizio alla causa, e passi il concetto che la modestia sia solo roba per estremisti); però…

      Io peraltro non credo che ci si possa veramente assuefare (se non magari nell’arco di diversi secoli) a una moda che nasce come “provocante”. Sì ok, certamente non susciterà più reazioni come quelle che avrebbe suscitato una donna in shorts a metà ottocento 😛 ma comunque un look del genere trasmette ancora certi messaggi, anche se forse in maniera minore.
      E partendo dall’assunto che ogni abito che indossiamo trasmette al mondo una certa immagine di noi, io resto dell’idea che quella che trasmettono i due gruppi di ragazze da te descritti sia MOLTO, MOLTO diversa (e MOLTO MOLTO chiara agli osservatori, anche coetanei).

      Comunque sulla pagina Instagram che linkavo si è discusso a lungo di questa cosa 😀

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  5. Claudia

    Purtroppo non ho potuto vedere la discussione su instagram perché non ho un profilo, ma ho visto che è esattamente lo stesso pensiero. Certo che siamo una strana società ….una gonna sotto il ginocchio scatena più stupore (e più commenti negativi talvolta) di uno shorts o di uno di quei jeans strappati dove mancano interi “quadrati” di tessuto e sembra che le proprietarie siano state aggredite da una muta di cani inferociti!

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