In quel meraviglioso mondo di follia che è l’Internètte, da un paio di giorni circola ‘sta roba:
E (ciò che è più sorprendente) la gente sembra essersela fatta andar bene, derubricando la cosa a una bizzarria vaticana come ce ne son tante (tipo le divise fuori moda delle guardie svizzere, che ne so). Apparentemente, nessuno ha ritenuto di dover mettere in discussione l’immagine grottesca di un papa del XXI secolo che viene preso a martellate in testa nel suo letto di agonia, per vedere se per caso si riscuote dal torpore insultando tutti.
Ma è davvero andata così?
Quanto c’è di vero in questa storia?
Naturalmente, molto poco… ma procediamo per calma, andando per gradi.
***
Innanzi tutto: non ha colpa alcuna la povera Sofie OfCoffe, l’utente che ha lanciato il tweet divenuto virale. La fotografia del suo «speciale martello da papa morto» è indubbiamente autentica; non so quale museo mettesse in esposizione il reperto, ma non mi stupirei troppo se dovessi scoprire che la didascalia al fianco dell’immagine conteneva effettivamente le informazioni che la donna ha riportato online. Affermazioni dello stesso tenore vengono fatte anche da Maria Antonietta Visceglia (professoressa universitaria di Storia Moderna e membro della Giunta Storica Nazionale) nella sua pubblicazione dedicata a Morte e elezione del papa (edita da Viella, indubbiamente più autorevole di Twitter). Ebbene: scorrendo le pagine di quel corposo volume, vediamo effettivamente ricomparire il nostro martello da papa morto:
Allora è tutto vero?
I cadaveri dei papi venivano davvero percossi con un martello, e anche Ratzinger sarebbe andato incontro a questo destino se la pratica non fosse stata abolita in epoche recenti?
Apparentemente la risposta sembrerebbe essere un netto “sì”, ma la questione potrebbe essere più complicata. Nel 2003, di fronte a un aggravamento delle condizioni di salute di Giovanni Paolo II, il quotidiano britannico The Guardian aveva commissionato al giornalista Stephen Bates un articolo sulle curiosità legate al cerimoniale funebre pontificio. Fra le altre cose, Bates aveva giustamente citato il bizzarro dettaglio del martelletto funebre, descrivendola però come una pratica ancora in vigore:
Dopo la morte del papa (un evento di cui si ha conferma quando un membro anziano del suo staff lo colpisce sulla fronte con un martello d’argento, chiamandolo col suo nome di battesimo, per essere certo che il pontefice non sia semplicemente addormentato), i cardinali organizzano entro due settimane un incontro in Vaticano, durante il quale deliberano in gran segreto la scelta del suo successore.
Se dovessi basarmi su ciò che si legge in testi accademici di tutto rispetto, direi che l’unica imprecisione di Bates fu quella di aver descritto “al tempo presente” una pratica che esisteva sì, ma che era ormai abbandonata.
Ma esisteva davvero, questa pratica?
Il dubbio viene, considerato che, pochi giorni dopo, The Guardian fu costretto a pubblicare una smentita (che sarà stata presumibilmente chiesta dalla Santa Sede, se no da chi?):
Nel nostro articolo, era riportata l’affermazione secondo cui la salma del papa viene ritualmente colpita sulla testa con un martello d’argento, per verificare che nel cadavere non vi siano segni di vita. Secondo il Vaticano, questo è un mito.
(Letteralmente “a myth”, nella versione inglese del testo).
Difficile immaginare che “in Vaticano” nessuno fosse al corrente di ciò che gli storici (e più d’uno!) avevano affermato (e in più di una pubblicazione!), parlando di una pratica caduta in disuso, ma realmente esistita in passato.
E allora, che dovremmo farcene di questa smentita così tranchant? Il Vaticano era dell’idea che le colonne del Guardian non fossero il posto migliore per darsi all’approfondimento storico, quindi ha domandato una correzione generica “e tanto basti”? Oppure ha colto l’occasione per mettere “i puntini sulle I” e dire che, in base alle informazioni conservate negli archivi vaticani, c’è qualcosa di stonato anche nelle affermazioni degli storici?
Difficile dirlo. Però, questa smentita così netta ha fatto sorgere il sospetto che, alla base di questo piccolo enigma, vi possa essere stato un misunderstanding, magari nato in epoche remote e poi passato di bocca in bocca attraverso i secoli (come del resto capita spessissimo per tanti qui pro quo a sfondo storico).
Con l’ovvia premessa che ben pochi individui sono fisicamente presenti al capezzale di un papa morente e dunque in grado di assistere coi loro occhi alle procedure di accertamento della loro morte (e con la premessa altrettanto ovvia che non è che io abbia una conoscenza di prima mano con le fonti che descrivono l’evoluzione di queste procedute attraverso i secoli), il potenziale malinteso (ammesso che ci sia stato) potrebbe essere stato dato dal fatto che un martello d’argento entrava effettivamente in scena, nei minuti immediatamente successivi alla morte del pontefice. Però, non serviva a prenderlo a botte in testa.
Il primo a descrivercene l’uso è Francesco Conzié, che fu camerlengo papale per quasi mezzo secolo, dal 1383 al 1431, seppellendo nel mentre un buon numero di papi: Clemente VII, Benedetto XIII, Alessandro V, Giovanni XXIII e Martino V. Entro la fine del Trecento, Francesco Conzié (o, più probabilmente, uno dei suoi collaboratori) aveva composto un cerimoniale da adottarsi in occasione della morte di un papa, dando conto di tutte le procedure che dovevano essere poste in essere fin dal momento della sua entrata in agonia fino alla convocazione del conclave.
Ebbene: una delle prime e più urgenti accortezze da adottare, dopo aver brevemente pregato per l’anima del defunto, era assicurarsi che nessun traditore potesse profittare della confusione di quei momenti per emanare documenti “a firma” del papa. All’epoca di Conzié, a corroborare l’autenticità di un atto pontificio non era la firma come la intendiamo oggi, quanto più l’apposizione della sua bolla papale (cioè il sigillo).
Ed ecco che, non appena il papa veniva a mancare, il vicecancelliere avrebbe avuto la grave responsabilità di prendere in custodia le matrici delle bolle, chiudendole in una tela robusta sigillata con apposizione del suo sigillo: insomma, l’equivalente medievale del metterle in cassaforte, in maniera tale che nessuno potesse usarle (e che risultasse evidente ogni eventuale tentativo di manomissione).
Con un po’ più di calma (vale a dire: sempre in quel giorno, ma non necessariamente mentre il cadavere era ancora caldo), il priore dei cardinali vescovi avrebbe avuto cura di convocare nel palazzo apostolico tutti i cardinali residenti in curia. Lì, alla presenza del maggior numero possibile di testimoni porporati, avrebbe avuto luogo la cerimonia solenne nel corso della quale sarebbe stata annullata la matrice della bolla nella quale era scolpito il nome del defunto pontefice. Per fare ciò, veniva effettivamente usato un martello argenteo che gli ufficiali di cancelleria tenevano da parte appositamente per quell’occasione solenne e luttuosa.
Significativamente, l’altro lato della matrice (quella su cui erano impressi i volti degli apostoli Pietro e Paolo) non era toccato in alcun modo. Veniva nuovamente messo “sotto chiave” (cioè nel panno spesso, questa volta sigillato col sigillo del priore dei cardinali vescovi), ma non era annullato: simbolicamente, questo gesto stava a sottolineare la morte del singolo pontefice, il trapasso della potestas papae, ma al tempo stesso la sopravvivenza del papato di per sé.
Allo stesso modo, alla morte del pontefice, anche l’anello pontificio con il sigillo del pescatore veniva consegnato al collegio dei cardinali che avevano il compito di annullarlo: e allo stesso destino è andato incontro anche l’anello papale di Benedetto XVI; ovviamente, non pochi giorni fa al momento della sua morte bensì nel lontano 2013, quando Joseph Ratzinger divenne papa emerito e non più papa regnante.
***
Insomma: è possibile che sia proprio qui la fonte del misunderstanding (ammesso che di misunderstanding si possa parlare)? La reale presenza di un martello d’argento, spesso così curato da essere chiaramente destinato a uso rituale, che veniva portato in fretta e furia negli appartamenti pontifici non appena il papa aveva esalato l’ultimo respiro, potrebbe aver alimentato tra gli uomini del tempo la diceria circa una verifica post mortem fatta sul cadavere a suon di martellate?
Chiaramente, sarà ben difficile avere una risposta a questa domanda. Certo è che, se davvero fosse esistita una ritualità specifica circa le procedure di accertamento del decesso (e codificata al punto tale di essere effettuata con un apposito martello predisposto all’uso!), la cosa dovrebbe aver ben lasciato traccia nei cerimoniali funebri pontefici, dettagliatissimi e minuziosi. In quelli che ho avuto modo di sfogliare io, risalenti al tardo Medioevo, effettivamente non mi pare si parli di martelli se non nell’accezione che ho appena segnalato. Ma non ho la minima idea di ciò che suggerissero invece i cerimoniali d’età moderna.
Certo è che, nei secoli passati, quasi nessuno veniva sepolto senza che i suoi familiari ne avessero in qualche modo accertato il decesso: in un’epoca in cui, soprattutto nei mesi caldi, i funerali (o comunque le procedure di imbalsamazione, come nel caso dei pontefici) venivano organizzati piuttosto rapidamente, era importante essere certi dell’effettiva morte del defunto per non aggiungere orrore alla tragedia. In genere il cadavere veniva pungolato con un ago in punti particolarmente sensibili (ad esempio, il palmo delle mani o la pianta dei piedi), nella ragionevole speranza che la cosa avrebbe suscitato una risposta nervosa se il paziente fosse stato ancora vivo: nella totale assenza di reazioni, e verificata l’assenza di battito e di respirazione, il decesso veniva “scientificamente” confermato.
Assolutamente plausibile (anzi: pressoché certo) che qualcosa di simile accadesse anche al capezzale di un papa morente. Che la cosa avvenisse a suon di martellate in testa sarebbe francamente sorprendente se rapportato alle procedure che erano normalmente seguite in altri ambienti, se non altro perché il metodo mi sembra sicuramente funzionale per verificare l’assenza di reazioni da parte del defunto ma non particolarmente efficace per prolungare con piacevolezza la sua permanenza in vita casomai il poveraccio non fosse morto per davvero.
In ogni caso, in mezzo a tanta incertezza, abbiamo una sicurezza: ammesso e non concesso che questa ritualità sia esistita in passato, non è (più?) in essere oggigiorno. Nessuno ha preso a martellate in testa la povera salma di Joseph Ratzinger, e nessuno percuoterà con un martello il prossimo pontefice che dovesse morire da papa regnante. D’accordo che il Vaticano è noto per le sue tradizioni secolari fuori dal tempo… ma insomma, non così tanto!
Per approfondire:
- Agostino Paravicini Bagliani, Morte e elezione del papa. Il Medioevo (Viella Libreria Editrice, 2013)
- Maria Antonietta Visceglia, Morte e elezione del papa. Norme, riti. conflitti. L’età moderna (Viella Libreria Editrice, 2014)
marcello comitini
Molto interessante dettagliato e documentato. Complimenti, Lucia. Grazie!
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Lucia Graziano
Beh, grazie! 🙂
In realtà mi sarebbe piaciuto trovare un po’ più di documentazione (soprattutto qualche cerimoniale di età moderna), ma ahimè non sono proprio riuscita (non così su due piedi, con gli strumenti normalmente a disposizione qui in casa). Però dai, qualcosina ne è uscito comunque, direi 🙂
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marcello comitini
Direi anche io 🌹🙏
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Francesca
😯😳🥴
Senza parole
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Lucia Graziano
😅😅
In effetti, una mia amica che non aveva ancora visto girare ‘sto coso, e che si è trovata nella mail l’avviso che avevo pubblicato un nuovo post, è rimasta piuttosto intrigata dal titolo 😂
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Claudio Capriolo
Le divise delle guardie svizzere sono fuori moda? E quelle dei cardinali, allora?
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Lucia Graziano
😅
Però è un’obiezione interessante: secondo te, sono più vistosamente fuori moda quelle dei cardinali? Secondo me no, le guardie svizzere li battono comune. I cardinali, alla fine, hanno “solo” una specie di tunica colorata, che ‘nsomma almeno è una linea dritta e di un colore solo. Ha qualcosa di vagamente simile alla moda orientaleggiante, volendo. Non trovi?
Le guardie svizzere, invece, poverine, son proprio fuori categoria 😂
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Claudio Capriolo
Tanto gli altri prelati quanto le guardie svizzere indossano le rispettive “divise” soltanto durante le cerimonie ufficiali, mentre di norma usano abiti molto più sobri e funzionali.
Molto tempo fa, quando non era ancora Benedetto XVI, Josef Ratzinger raccontò una vicenda avvenuta, disse, molti anni prima. Un circo equestre si era fermato nei pressi di una cittadina; gli artisti si preparavano per lo spettacolo e intanto attrezzisti e carpentieri erano impegnati a issare il tendone. Quest’ultimo all’improvviso prese fuoco. Mentre tutti gli uomini validi cercavano fra mille difficoltà di spegnere l’incendio, un clown che già indossava l’abito di scena si mise a correre verso l’abitato e l’attraversò gridando e chiedendo aiuto; i cittadini, pensando che si trattasse di una recita, risero di cuore: e così l’incendio finì per distruggere tutto quanto. La morale, disse il futuro papa, è che non puoi tentar di comunicare un messaggio importante vestito da pagliaccio. Secondo me, quando raccontò questo aneddoto Ratzinger non stava pensando alle guardie svizzere 🙂
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Claudio Capriolo
Alti prelati, non altri. Scusa, ho polpastrelli troppo grandi per i tasti virtuali del mio telefono 😉
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Ago86
La vicenda narrata è una citazione letteraria, se non erro tratta da Kierkegaard.
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Claudio Capriolo
Non erri 🙂
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Lucia Graziano
Beh, la divisa di ordinanza delle guardie svizzere (quella blu, per capirci) a me piace moltissimo, ma non per questo la definirei esattamente sobria… 😅
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Claudio Capriolo
Rispetto a quella da cerimonia lo è 😉
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Lucia Graziano
Ah beh, poco ma sicuro 😂
Ti dirò: e io le preferisco anche, quelle blu. Quelle multicolore sono iconiche e ormai sarebbe impossibile pensare di sostituirle, ma quelle blu sono davvero molto eleganti, a mio giudizio. Pur nella loro eccentricità, diciamo 😉
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Nuvola
Comunque, l’argento non è un metallo “tenero”? Magari per annullare la matrice della bolla serviva un martello “vero”… mi piacerebbe sapere cosa ne dice un esperto tecnico (tipo, un fabbro, o un chimico, o un ingegnere…)
L’altra osservazione è che non esiste nemmeno oggi una “definizione” certa di morte. Probabilmente ne esiste una “legale” (che però dipende dallo stato in cui è definita). Ma leggevo un articolo in cui si citava che, prima di dichiarare la morte di una persona, diverse verifiche venivano fatte (assenza di battito, respiro, …)
Perdonate il modo impreciso con cui scrivo, ma vado di fretta.
Comunque, un blog veramente gradevole, complimenti!
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Umberta Mesina
In uno dei romanzi di Salgari, il figlio di un defunto già sistemato sulla catasta di legna gli spacca in testa un vaso pieno d’acqua: questo è descritto come un rituale volto ad accertarsi che il morto sia proprio morto… o ad accopparlo definitivamente, replica Yanez. Forse qualcuno si è ispirato a questo!
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Lucia Graziano
😂 eh, davvero!
Che poi, seriamente: io capisco benissimo la necessità di accertare in qualche modo il decesso, ma sta di fatto che tutte le tecniche utilizzate erano (inevitabilmente e necessariamente) dolorose, a vario modo. Io mi immagino un poveraccio in agonia che finisce la sua vita con un parente che periodicamente gli conficca aghi nei piedi per vedere se si lamenta o no… che brutto modo di morire! 😂
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Anonimo
Non mi tornano i nomi dei papi per quel periodo storico!
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franconich
Non sono riuscito a firmare il messaggio precedente sui nomi dei papi di quel periodo storico 😦
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