Di come Girardo morì e tornò in vita, in una storia che forse avremmo preferito non dover leggere

Il brano che state per leggere è stato riscritto tre volte, le prime due delle quali in forma narrativa: vale a dire che io mi mettevo alla scrivania e provavo a reinterpretare a parole mie la storia del buon Girardo, che attorno al 1120 Alessandro di Canterbury decise di includere nella sua fantasiosa raccolta di Miracoli. Ma al termine di due tentativi andati a vuoto, mi sono dovuta arrendere all’evidenza per cui non è possibile migliorare la perfezione: e con la sua stringatezza tranchant, così tipica delle agiografie medievali, il racconto di Alessandro usa una naturalezza disarmante per toccare vette di assurdità che io temo non riuscirei mai a raggiungere. E dunque, lasciamo la penna al monaco inglese per farci raccontare da raccontare da lui Qualiter Iacobus Apostolus mortuum suscitaverit. Ché una storia di morti che ritornano non potrà fare male da queste parti, tantopiù che Halloween s’avvicina.

In un villaggio nei pressi di Lione viveva un giovane di nome Girardo, che di mestiere faceva il pellettiere. Si guadagnava da vivere con l’onesto lavoro delle sue mani e, poiché il padre era morto, manteneva col suo stipendio anche la madre. Era assai devoto a san Giacomo apostolo – il fratello di san Giovanni evangelista – presso le cui sante reliquie era solito recarsi ogni anno in pellegrinaggio per presentare la propria offerta.

E diciamolo pure: se sei un pellettiere medievale, farsi ogni anno un pellegrinaggio Lione-Santiago, è già un atto di devozione non da poco, Ma anche i migliori hanno i loro momenti défaillance, e il nostro devoto scapolone ne ebbe uno nel momento peggiore in assoluto:

Il giovanotto non aveva moglie e viveva da solo con la madre anziana, in celibato; vivendo così da diverso tempo, un giorno fu vinto dal desiderio della carne e cedette alla fornicazione, andando con una prostituta.

Ma il problema non è neanche questo: è che Girardo aveva già chiuso il trolley e messo il biglietto sul comodino, mentre fornicava con ‘sta prostituta: sicché,

fattosi giorno – perché la sua partenza per Santiago era stata fissata per quella mattina – si mise in viaggio con due compagni

commettendo il secondo peccato capitale nell’arco di dodici ore: tornare alla sua vita di sempre senza esser corso a confessare la colpa della sera prima.

Ma il diavolo, invidioso del pacifico e caritatevole sodalizio dei tre compagni di viaggio, si avvicinò di nascosto al giovane che aveva ceduto alla fornicazione e, apparsogli in forma umana (peraltro molto gradevole) gli parlò così: «Sai chi sono?». E quello gli rispose «no».

Attenti, eh, ché qui arriva il colpo di scena:

Il diavolo gli rispose: «sono Giacomo apostolo, a cui ogni anno da molto tempo sei solito far visita».

Diavolo ingannatore!

«Devi sapere che mi rallegravo di te, poiché nutrivo la speranza che avresti conseguito un grande bene, ma non molto tempo fa, prima di partire, sei stato con una donna e hai commesso un sacrilegio tanto grave che non hai ancora nemmeno confessato. Sei partito da casa con il tuo peccato, nella presunzione che il tuo pellegrinaggio sarebbe stato in ogni caso gradito a Dio e a me. Ma questo non è affatto vero: chiunque infatti voglia intraprendere un pellegrinaggio deve prima confessare umilmente i suoi peccati, e solo a quel punto potrà iniziare il pellegrinaggio e pagare per le colpe commesse». E ciò detto, sparì al suo sguardo.

Tecnicamente vero: nel senso che, prima di intraprendere un pellegrinaggio lungo e difficoltoso (che, nella peggiore delle ipotesi, avrebbe anche potuto metterli in serio pericolo di morte), i viandanti avevano l’abitudine di sottoporsi a una confessione generale nella loro parrocchia, con una cerimonia non priva d’una certa formalità. Ma Girardo aveva peccato poche ore prima della partenza, e realizzare la sua condizione irregolare lo fece atterrire:

All’udire ciò, il campagnolo prese a rattristarsi, proponendosi in cuor suo di tornare a casa, confessarsi e poi ritornare indietro per riprendere il viaggio.

Confessarsi dal primo prete che trovava lungo la strada, gli pareva brutto?
Evidentemente sì, anche se questo ragionamento non segue una logica particolare all’infuori di quella per cui stiamo cominciando a capire che Girardo non spicca esattamente per intelligenza.

Fatto sta che,

mentre l’uomo andava considerando questa possibilità, gli riapparve il diavolo nelle medesime sembianze di prima dicendogli «che cos’è adesso questo tuo pensiero di far ritorno a casa, pentirti e poi rimetterti in cammino più degnamente? Credi forse che un delitto così grave possa essere cancellato col digiuno e con le lacrime? Sei proprio uno sciocco! Metti in pratica i miei consigli e sarai salvo, diversamente ti dannerai all’Inferno».
Il pellegrino gli rispose: «pensavo di fare proprio come dici, ma poiché adesso sostieni che la cosa non gioverebbe, dimmi tu ciò che desideri io faccia per essere salvato e lo farò volentieri». E quello rispose: «se vuoi mondarti completamente, recidi subito tutte le membra con cui hai peccato».

Ellamiseria.

Spaventato per quel consiglio, Girardo rispose: «ma se metterò in pratica il tuo consiglio, sarò omicida di me stesso, cosa che ho spesso udito essere esecrabile di fronte a Dio!».

E anche qui ci starebbe un altro “ellamiseria” (da evirazione a suicidio ce ne passa, eh), ma Girardo evidentemente sapeva meglio di noi tutti i modi con cui aveva peccato con la prostituta, e ci renderemo presto conto che aveva investito il suo denaro per un servizio all inclusive di tutto rispetto.

E allora il diavolo, deridendolo: «stolto! Comprendi ben poco di ciò che può arrecarti salvezza! Se morirai in questo modo verrai senza dubbio a me, perché, punendo il tuo peccato, sarai mio testimone, cioè martire. Io di certo verrei subito a te con la schiera dei miei compagni e sarei più che felice di prendermi la tua anima, che resterà con me per sempre».

…perché, sotto sotto, ogni tanto anche il diavolo è capace d’essere sincero.

A queste parole, il pellegrino sempliciotto e ignorante si risolse a compiere il gesto e domandò «quando vuoi che lo faccia?». Gli rispose Satana: «questa notte, in camera, quando i tuoi compagni di viaggio saranno addormentati».

Ora: io vi prego di immaginarvi questa scena.
Siete tre amici in viaggio per Santiago; per risparmiare, dormite in un ostello e prenotate per voi una camera a tre posti, tanto siete in confidenza, che problema mai potrebbe insorgere?

Che altro dire? Mentre i compagni dormivano vicino a lui, Giraldo estrasse il suo pugnale e si amputò tutto ciò che aveva di virile tra le gambe. Poi si trafisse il basso ventre, le labbra, puntò il pugnale in mezzo alla gola e, affondandolo, se la tagliò in due parti. I compagni di stanza, udendo nel dormiveglia i suoi lamenti, lo chiamarono per chiedergli se andasse tutto bene. Poiché Giraldo non rispondeva, ma anzi rantolava in agonia, i suoi compagni di stanza si alzarono dal letto preoccupati, accesero le lampade e, sconvolti, si trovarono di fronte a quel giovanotto mezzo morto e incapace ormai di rispondere.

Sconvolti e anche terribilmente spaventati, perché temevano di essere accusati di omicidio,

oltretutto, possiamo ragionevolmente supporre che la porta della stanza fosse stata chiusa dall’interno?

si diedero alla fuga nel cuor della notte lasciandosi dietro l’asino e tutto ciò che era appartenuto al moribondo.

La dura vita dei personaggi d’una agiografia medievale.

Quando, al mattino, il padrone della locanda e la servitù trovarono il morto riverso nel suo sangue, non sapendo bene a chi imputare quella macabra uccisione, portarono il defunto in chiesa per seppellirlo.
Mentre si scavava la fossa lo deposero a terra davanti alle porte della chiesa, perché la salma perdeva ancora sangue, e ordinarono ad alcune donne di vegliare su di lui. Ma mentre le pie donne della parrocchia vegliavano, il morto tornò in vita e si mise a sedere sul catafalco. A tale spettacolo le donne scapparono via fortissimo, urlando; il clamore attirò la gente che cominciò ad accorrere concitata, turbata alla notizia di un cadavere che era tornato a vivere. Poiché la gente gli si era avvicinata e aveva iniziato a parlargli, il morto redivivo iniziò a raccontare a voce alta quello che gli era successo

che paradossalmente è la parte meno interessante del racconto, ma forniamola comunque per completezza:

 «dopo essermi inflitto tali ferite e quando la mia anima fu costretta ad abbandonare il mio corpo, venne da me ridendo lo spirito maligno che mi aveva ingannato, accompagnato da una grande schiera di demoni, i quali immediatamente e senza alcuna pietà mi rapirono conducendomi al supplizio, mentre imploravo supplice e scongiuravo. Si stavano dirigendo verso l’Etna, dove mi pare d’aver capito che ci siano le porte degli Inferi; ma quando siamo arrivati a una foresta che si trova nei pressi di Roma, san Giacomo ci ha raggiunti alle spalle sorprendendo i demoni con un movimento fulmineo e domandando «da dove venite e dove siete diretti?».
Quelli gli risposero «non ti riguarda affatto, Giacomo: costui ha prestato fede a noi fino al punto di togliersi la vita», ma il santo disse loro «senza dubbio, ma di quanto vi ho domandato io non avete risposto nulla, e vi limitate a vantarvi d’aver tratto in inganno un cristiano. Siate dunque maledetti, perché colui che vi gloriate di possedere è un mio pellegrino, e io lo ritengo essere di mia proprietà. Venite con me, perché è senza dubbio necessario che la questione sia regolata da un tribunale».

San Giacomo, che apprendiamo essere

giovane e magro, e di bell’aspetto, sorridente, di colorito olivastro

trascina i demoni e il loro prigioniero in quella che sarebbe diventata un giorno via della Conciliazione e che all’epoca si presentava come

un luogo spazioso e verdeggiante di fronte alla chiesa del beato apostolo Pietro, dove una folla innumerevole era riunita in assemblea. Presiedeva la venerabile Signora, la Madre di Dio e sempre vergine Maria, alla cui destra e alla cui sinistra sedevano molti personaggi assai insigni. […] Di media statura, non alta, aveva un viso bellissimo, un aspetto assai gradevole

e diciamo pure che mostrò d’avere subito opinioni abbastanza ferme sulla questione giuridica che le veniva sottoposta. Ritenendo che i demoni non potessero accampare alcun diritto su un pellegrino che non aveva firmato il consenso informato prima di suicidarsi male, e che anzi aveva agito in modo così sconsiderato solo e unicamente perché era stato tratto in inganno, la Vergine deliberò che l’anima del defunto fosse riunita al corpo per permettere un restart a quel povero idiota volenteroso.

Al posto delle ferite immediatamente sanate, gli rimasero solo le cicatrici, mentre in luogo dei genitali crebbe una piccola escrescenza di carne dalla quale poteva espellere l’urina ma non fare altro.

Giusto per non rischiare.

E Giraldo raccontò dappertutto la sua storia prodigiosa, e fece vedere le cicatrici a tutti coloro che le volevano vedere e mostrò ciò che gli era rimasto in quelle altri parti. Il reverendissimo signor Ugo, abate di Cluny, ebbe occasione di incontrare quest’uomo e di ispezionare a uno a uno tutti i segni della sua morte, e per l’ammirazione che nutriva nei confronti di questa vicenda era solito raccontarla spesso, negli stessi termini in cui v’è stata riferita.

Che dire. Grazie, sant’Ugo.
Senza la tua infaticabile opera di divulgazione, probabilmente di questa perla si sarebbe persa la memoria e sarebbe stato meglio per tutti e il danno sarebbe stato assolutamente incommensurabile – anche se in effetti forse no. Perché uno dei miei lettori mi segnala su Facebook che alla imperdibile vicenda fu dedicata addirittura una allegra canzonetta, di cui potete bearvi qui:


La storia di Girardo è raccontata al capitolo XXII della raccolta di Miracoli di Alessandro di Canterbury, edita in: Anselmo d’Aosta nel ricordo dei discepoli. Parabole, detti, miracoli (Jaca Book, 2008). In copertina, una immagine della città di Roma e della basilica di san Pietro come doveva essere (suppergiù) all’epoca in cui la Madonna deliberò sul destino del povero Girardo: la miniatura è tratta dalle Cronache di Nuremberg, enciclopedia biblica di Hartmann Schedel, che a dire il vero è più tarda di alcuni secoli (risale al 1493) ma ehi: mi pareva comunque una curiosità graziosa!

9 risposte a "Di come Girardo morì e tornò in vita, in una storia che forse avremmo preferito non dover leggere"

  1. Avatar di Sconosciuto

    Anonimo

    Ti prego di prendermi sul serio.
    Quando ero una giovanetta di belle speranze e facevo le guardie in ospedale, mi chiamano dal P.S. con questo folgorante annuncio: « Corra subito, un nescio ( in dialetto ligure: cretino, deficiente, imbecille) si è tagliato il belino ( traduzione: membro virile) e sanguina come un porco sgozzato”.
    Vado di corsa e mi piglia il classico colpo d’accidente: sul lettino giaceva un tizio fradicio di sangue, mentre un infermiere cercava disperatamente di frenare l’emorragia.
    Che fare?
    Mica potevo applicare un laccio emostatico, così mi arrabatto alla meno peggio, riuscendo a limitare la perdita ematica.
    Nel frattempo avevo fatto chiamare mezzo mondo e, finalmente, lo sconsiderato arriva sul tavolo operatorio.
    Morì?
    No.
    Però fa pipì da seduto.

    P.S. In seguito lo psichiatra gli chiese perché avesse agito in tal modo.
    Non riuscì a capirci nulla manco lui.
    Annalisa

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    1. Avatar di Lucia Graziano

      Lucia Graziano

      😂😂😂
      Cioè, rido pensando alla scena ma in realtà ci sarebbe da piangere eccome, sia per quel poveretto che per quell’altra poveretta che ha dovuto gestire l’emergenza 😂

      Ma, se posso chiedere, in che fascia d’età si trovava quel paziente? Anche io ovviamente mi sto interrogando sulle ragioni di un’auto-evirazione, e se non l’ha capito lo psichiatra che lo aveva in cura figuriamoci se lo capisco io su un blog, eh… però mi resta la curiosità di sapere più o meno quanti anni avesse 😅

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  2. Avatar di Whitewolf

    Whitewolf

    Ma le leggende delle Cantigas de Santa Maria sono una più bella dell’altra!
    Casomai fossi interessata, ti passo il sito del database firmato da Oxford su queste cantigas (https://csm.mml.ox.ac.uk/index.php?p=poem_list) e ti suggerisco di cercarle su youtube, in particolare quelle cantate da “Iniciativa Condor”. Non le hanno fatte tutte ma la maggior parte ha una bellissima cover…salvo che in “Santa Maria Strela do Dia” usano la versione dell’Apollo’s Fire…e daje torto, è bellissima!

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