Chi ha inventato il maglione invernale?

È una cosa che probabilmente non ci si immagina: in fin dei conti, cosa c’è di più facile che procurarsi due ferri da maglia e cominciare a sferruzzare? Vien da pensare, insomma, che la maglieria sia nata nella notte dei tempi, e che i vestiti fatti a maglia abbiano tenuto al caldo generazioni e generazioni di vasta umanità.
Beh… nì.
O meglio: più no che sì.

L’umanità, in effetti, sa lavorare a maglia, da tempo immemore. Però, per lungo tempo, la maglieria non ha mai trovato posto nel guardaroba del cittadino-medio. Non esistevano gli “abiti” fatti a maglia, e non esistevano nemmeno le comari che sferruzzavano attorno al tavolo, dopo cena, chiacchierando del più e del meno. Per tutto il Medioevo e il Rinascimento, la maglieria è stata un’arte rigorosamente maschile, portata avanti in apposti laboratori da mastri artigiani riuniti in vere e proprie gilde professionali. I manufatti che ne uscivano, perdipiù, avevano decisamente ben poco a vedere con i nostri cardigan morbidosi. Creati in maglia finissima (così sottile da somigliare forse più alla “maglina” delle nostre T-shirt), questi piccoli capolavori erano oggetti destinati a un uso esclusivamente decorativo – o liturgico, per ben che andasse.

Ammirate l’intricata meraviglia di questi guanti ad uso ecclesiastico appartenuti a un vescovo spagnolo del ‘500

Guanti di maglia Uso Liturgico '200

o incantatevi di fronte alla raffinata eleganza di questi guanti da signora lavorati a maglia con filo di seta, proprietà di una nobildonna italiana di fine ’600.

Guanti 1700

Si trattava, com’è evidente, di oggetti di altissima qualità, la cui preparazione richiedeva tempo, denaro, e capacità non comuni. Al di là di questi accessori di pregio, qualche capo d’abbigliamento in maglia esisteva già (si trattava perlopiù di smanicati, lavorati ai ferri)… ma, di nuovo: anche in quel caso, parliamo di capi di lusso, adatti alla raffinatezza delle corti e nulla più. Alta moda, insomma: non certo maglioni caldi in cui avvolgersi nelle fredde sere invernali.

Gilet di lana Italia 500

Gilet da uomo, in maglia; Italia, inizio ‘500

Qualche isolato caso di maglione caldo, per contro, esisteva già (sono rimasti nell’immaginario collettivo quelli utilizzati dai pescatori dei Mari del Nord): ma in quel caso ci trovavamo di fronte a capi d’abbigliamento così “alla buona” da essere, effettivamente, bruttarelli alla vista, e socialmente percepiti come abbigliamento da lavoro e nulla più.
Insomma, si andava da un estremo all’altro: lusso sfrenato, o raffazzonata protezione dal freddo. Il nostro confortevole maglione morbidoso per i giorni freddi non esisteva ancora – soprattutto, non a livello concettuale.
E insomma: quand’è che ha cominciato a esistere?

Ha cominciato, purtroppo, poco più d’un secolo fa, assieme al rombo dei cannoni della prima guerra mondiale. Centinaia, e centinaia, e centinaia di uomini vengono mandati al fronte (e ci rimangono, per un lasso di tempo impensabilmente lungo) in un conflitto che si manifesta subito per quel che è: una guerra senza precedenti. I soldati in trincea, costretti alle condizioni di vita più estreme, gelano nelle loro divise militari; le donne a casa, intanto, faticano a venire a patti con la dolorosa e prolungata assurdità della loro nuova condizione.
Fare due più due, a quel punto, è relativamente facile: cosa può aiutare i soldati al fronte a tenersi un po’ più al caldo, e le donne a casa a sentirsi un po’ più utili per i loro mariti in guerra?

Croce Rossa USA Lavoro a magliaMassì, appunto: maglioni di lana, fatti in casa. Berretti caldi, maglie della salute, calzettoni spessi da indossare sotto agli stivali. Non importa che la qualità della maglia sia chissà quanto ricercata, andrà bene anche un maglione grossolano, con i punti visibili, bello spesso (anzi: a ben vedere, più spesso è, meglio è!).

Con vere e proprie campagne di pubblicità progresso, le donne sono esortate a sferruzzare per i loro cari in guerra, o, meglio ancora, per la madrepatria in generale: organizzazioni benefiche come la Croce Rossa si premurano di raccogliere tutti i capi offerti dalle signore e ridistribuirli poi al fronte, secondo necessità.

Persino le donne della famiglia reale inglese fanno sapere di aver dato il loro contributo alla causa

Famiglia Reale Lavori a Maglia

Ok, questa foto risale alla Guerra Mondiale che sarebbe scoppiata nel ’40, ma l’ho scelta perché mostra una giovanissima Regina Elisabetta… tutta presa a sferruzzare con mamma.

e vengono addirittura dati alle stampe dei libri contenenti schemi per lavori a maglia esplicitamente pensati per i militari – con tanto di abbigliamento su misura per i soldati cui fosse stato amputato un arto, in un gesto di delicata premura che potesse, forse, far pesare loro un po’ di meno la loro menomazione (sic!).

Knitting Book Prima Guerra Mondiale

Lavorare a maglia, insomma, diventa il passatempo serale per signore che è ancor oggi, da svolgere entro le mura domestiche al di là delle proprie occupazioni quotidiane. Non più un lavoro per professionisti, insomma, ma un hobby. E senza questo passaggio, probabilmente, noi adesso non avremmo i nostri bei maglioni di lana caldi caldi e fatti in casa (…o fatti in fabbrica, okay: ma con quelle belle lavorazioni che si rifanno volutamente all’handmade).

Sì, perché… dopo tutto ‘sto lavorio a preparar maglioni per i soldati, vuoi che i maglioni non cominciassero ad esercitare una certa attrattiva tout court? Inizialmente, sarà stato un qualche civile a iniziare a indossarli nella vita di tutti i giorni, come segno ideale di sostegno morale alle truppe al fronte: quasi sempre si inizia così, quando un capo d’abbigliamento militare entra nel guardaroba ‘di ogni giorno’. Poi, pian piano, la moda si sarà diffusa – anche perché la gente s’era resa conto di quanto effettivamente comodi, caldi, e veloci da preparare fossero quei capi, che oltretutto si potevano con poco sforzo abbellire aggiungendo trecce, motivi a rombi, ricami, e così via dicendo.

Downton Abbey, sempre attentissima ai cambiamenti della moda femminile nel ‘900, è stata abile nel mostrare come, pian piano, il trend dei maglioni di lana si fosse fatto strada anche nei guardaroba più raffinati dell’aristocrazia

Maglione di lana Downton Abbey

Nell’ultima stagione di Dowton Abbey, ambientata nell’anno 1925, Lady Mary è tutta un turbinio di golfini, cardigan e maglioni di lana

…anche se, a onor del vero, per un po’ di anni il maglione di lana continuò ad essere relegato a contesti molto informali: casalinghi o sportivi. Un bel cardigan andava bene per stare in casa, o tutt’al più per una passeggiata informale in campagna; ma non si era ancora arrivati a trovar normale indossare un maglione caldo per andare – che ne so – al lavoro. Questo ulteriore step richiedeva necessariamente una mossa coraggiosa da parte di uno stilista che non avesse paura di sconvolgere e di innovare – e lo stilista in questione, sorpresa!, ce l’avevamo proprio a casa nostra.

Nel 1927, Elsa Schiaparelli fece un discreto scalpore nel presentarsi a una serata di gala indossando un maglione di lana nera con un motivo a trompe-l’oeil sulla scollatura, a richiamare le eleganti forme di un colletto bianco annodato, alla moda femminile. Tutto molto chic, tutto rigorosamente a maglia: Elsa Schiaparelli aveva fatto confezionare il suo maglione a una rifugiata politica armena (che, poveretta, aveva dovuto fare e disfare il maglione più volte, prima di riuscire a ricreare in maniera impeccabile il complesso design richiesto dalla stilista).

Elsa Schiaparelli Maglione

Una replica del “primo” maglione invernale cool, firmato Schiaparelli. Per le signore che volessero destreggiarsi, cliccando sull’immagine potete scaricare gratuitamente lo schema per provare a ricrearlo a casa

Fu un successo – e, in una astuta mossa di marketing, fu solo il preludio al successo ben più grande che, avrebbe avuto, di lì a pochi mesi, la prima collezione di maglieria per signore firmata Schiaparelli.

Il maglione di lana, ormai diventato tela da pittore per veri e propri dipinti fatti a suon di fili intrecciati, era ormai stato sdoganato. La signora alla moda avrebbe potuto indossarlo in qualsiasi possibile contesto: al lavoro, in chiesa, a una cena elegante, a teatro. Tutto quello che seguì negli anni a venire, fu solo una questione di moda: il rigore stiloso lupetto a collo alto; la vezzosa nota di colore di un cardigan scuro impreziosito da un singolo ricamo acceso; la scherzosa giocosità dei maglioni di Natale, o dei maglioncini con grossi disegni di animaletti, panorami, fiori.

Ormai, il maglione di lana era diventato il capo d’abbigliamento per eccellenza nei mesi invernali – per le signore, quantomeno. I maschietti ci misero qualche decennio in più, prima di adeguarsi alla moda.
E, devo dire, non c’è innovazione fashion della quale io sia più grata – ché senza i miei maglioncini morbidi, caldi, allegri e variopinti, gli inverni non sarebbero la stessa cosa, per me.
E voi? Li amate quanto li amo io?

22 risposte a "Chi ha inventato il maglione invernale?"

  1. vogliadichiacchiere

    Ho condiviso il post in un gruppo (molto ristretto) di signore che sferruzzano (e fanno anche altro con le “arti femminili” di una volta) . . . se qualcuna raccoglierà l’invito a ricreare il modello, te lo faccio sapere! 🙂

    Molto interessante questo post! 😉

    Ciao, Fior

    "Mi piace"

    1. Lucia

      Eh, manco io sono capace di lavorare a maglia, come dicevo sopra, appunto.
      E pensa che mia mamma (bravissima, di per sé, nei lavori manuali) è a sua volta non capace. Lavora all’uncinetto, e anche bene, ma a maglia no, non ha mai sviluppato l’abilità tale per andare avanti spedita e non metterci una vita. Quindi non ho nemmeno una buona maestra da cui imparare 😀

      Io amo amo amo i maglioni e mi piacciono anche i modelli natalizi più imbarazzanti, anche se negli anni ho sviluppato una certa abilità nel trovare (perlopiù online, però) maglioni che, messi a Natale, fanno la loro bellissima figura, ma possono essere ragionevolmente utilizzati anche nel resto dell’inverno senza che tu sia presa per pazza. Avevo bisogno di rinnovare un po’ il guardaroba per sostituire un paio di maglioni infeltriti, e ho approfittato degli sconti del Black Friday, son qui che sfrigolo! 😀

      Anzi, quasi quasi potrei fare una sorta di gift guide sul tema, visto che i miei maglioni nuovi arrivano da aziende che oltretutto sono ok anche sotto il punto di vista etico… uhm

      "Mi piace"

    1. Lucia

      Io confesso che quando ho freddo preferisco i tessuti sintetici come il pile (ma, purtroppo, quando io ho freddo, ho freddo per davvero, ad esempio lavoro in un posto in cui ahimè si gela).
      Ma i maglioni, aaaahhh! A me fa impazzire proprio il loro aspetto.
      Fosse per me, avrei un guardaroba equamente ripartito tra vestitini estivi anni ’50 e maglioni invernali coloratissimi 😀

      "Mi piace"

  2. Laurie

    Anch’io sono una fan dei maglioni e, di conseguenza, ne ho un sacco 😉
    Immagino che un bel maglione di lana fosse la salvezza in trincea e quindi non stento a credere che le signore fossero incoraggiare a provvedere…
    Però, scusa, non mi torna che prima della guerra non si facessero maglioni ai ferri perché in certi posti hanno una tradizione popolare notevole (mi vengono in mente i maglioni norvegesi o quelli delle isole Aran, solo per fare un paio di esempi) e poi c’erano le tricoteuses della rivoluzione francese (non so però se queste sono un falso storico, una leggenda metropolitana…)
    Comunque sempre carini e interessanti i tuoi approfondimenti 🙂 grazie!

    "Mi piace"

    1. Lucia

      😀

      No, beh, aspetta.
      Dopo il tuo commento, sono andata a rileggere e ho corretto un punto del mio articolo, perché in effetti mi son resa conto che il passaggio che a me nella mia mente sembrava chiaro, letto da fuori chiaro non era affatto.

      Non è che prima della prima guerra mondiale non esistesse proprio in natura il maglione di lana. I poracci che navigavano d’inverno nei mari del Nord, ad esempio, li usavano già per proteggersi dal freddo, come fai notare. Ma anche nel corso dell’800, in ambiente militare, era già capitato che i soldati si scaldassero con dei golf in lana. (Il cardigan, ad esempio, deve il suo nome al Conte di Cardigan in Inghilterra, che pare fosse solito indossare… un cardigan, appunto, quando era in guerra).

      Quello che volevo malamente dire è: fino alla prima guerra mondiale, però, i maglioni di lana erano concettualmente percepiti come “abbigliamento da lavoro”, in sostanza. Se sei su una barca in mezzo al mare del Nord te lo metti per non morire congelato, ma nessuno si sarebbe mai sognato di proporre il maglione di lana come capo d’abbigliamento da mettere in casa o in città. Se non eri proprio in condizioni di vita estreme, non te lo mettevi, ecco.

      Il grande cambiamento di mentalità si ha – appunto – nel corso della prima guerra mondiale, perché, da quel momento in poi, non esiste più famiglia che non si trovi a maneggiarne almeno uno. Tutti i soldati al fronte (cioè, praticamente tutti i maschi giovani d’Europa) prendono l’abitudine di indossarli quotidianamente. Tutta la gente rimasta a casa prende l’abitudine di confezionarne in quantità industriale.
      Dopo cinque anni di questa solfa, il maglione di lana si era così diffuso da aver perso ogni possibile connotazione di “robaccia per condizioni di emergenza” che poteva aver avuto prima. La gente ci aveva fatto l’abitudine, ormai il maglione piaceva persino allo sguardo. E da lì, appunto… diventa un capo di moda, nel vero senso del termine 🙂

      Comunque adesso anche nel post dovrebbe capirsi meglio, questo passaggio 😀

      Le tricoteuses della Rivoluzione, invece, secondo me, erano proprio donne che lavoravano a maglia ma su commissione. Evidentemente non avevano la necessità di stare in laboratorio tutto il giorno, ma penso che fossero lavoratrici professioniste.
      In casa, le signore qualcunque potevano al massimo sferruzzare i calzini per tutta la famiglia, le babbucce, magari qualche berretto da notte… ma, ecco, non il maglione di lana per la domenica, appunto.

      "Mi piace"

      1. Claudia

        Mi hai fatto ricordare mia nonna che sferruzzava maglioni per arrotondare la magra pensione. I suoi maglioni venivano poi ritirati da un incaricato che li vendeva ai negozi in città.

        "Mi piace"

      2. Lucia

        Ma che poi… meno male che una volta almeno si poteva fare così, Claudia! Credo fosse un buon modo di arrotondare conciliando casa, lavoro e famiglia.
        Adesso mi sa che, salvo pochissimi casi di aziende che prevedono confezionamento a domicilio, non si può mica più fare :-\

        "Mi piace"

    1. senm_webmrs

      Quanto a Lord Cardigan, penso che a dar lustro e diffusione alla sua giacchettaccia da campagna prediletta sia stata la guerra di Crimea (fa freddo, d’inverno in Crimea). Guerra molto “vestimentaria”, quella. Oltre a Lord CARDIGAN – che vi si fece molto disonore col noto episodio di Balaklava – c’era anche Lord RAGLAN 😉

      "Mi piace"

  3. chiara

    chissà se sono ancora in tempo a commentare questo post, scoperto giusto or ora…
    beh, io ho l’immensissima fortuna di avere la mamma sferruzzatrice ossessiva compulsiva: iniziò all’età di 4 anni e ora che ne ha quasi 80, non ha ancora smesso.
    sì, ogni maglione realizzato ha una sua storia, a partire dai gomitoli, spesso provenienti da maglioni vecchi e disfatti: in famiglia, ognuno di noi ha dato il suo contributo avvolgendo il filo di lana in una palla o prestandosi allo svolgimento delle matasse; e spesso capitava (e capita) che amici in visita fossero coinvolti nel lavoro.
    e quel “tic-tic-tic” forsennato che ha accompagnato tanti pomeriggi della mia infanzia e giovinezza… colonna sonora niente affatto fastidiosa nonostante l’esasperante ripetitività.
    è capitato, per arrotondare un pochino il bilancio familiare, che li abbia fatti su commissione, ma non le piaceva: realizzare un maglione, per quanto semplice, richiede molto tempo e non avrebbe mai potuto chiedere la cifra realmente corrispondente a quel tempo dedicato (anche considerando una paga da 5000 lire – allora -, ne sarebbe risultato un milione), insomma, alla fine era sempre una svendita. e così appena ha potuto, ha smesso, e preferisce regalarli, piuttosto.
    io non ho imparato: so fare i punti, ma non ho l’agilità, la pazienza né l’abilità sue; e poi, è come si fosse stabilito un tacito accordo secondo cui quello è territorio suo, mentre punto croce e cucito creativo sono il mio ambito di competenza.
    leggevo nei commenti che con il freddo meglio il pile: non posso essere meno d’accordo. d’accordo, è una questione strettamente personale, ma trovo che il pile non sia altrettanto caloroso e accogliente e confortevole di un bel maglione fatto di pura lana, che alla fine è il materiale migliore quanto a termicità: non fa sudare e isola dall’umidità.

    "Mi piace"

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...