Cinque irritanti personaggi (oltre alla suocera) che rischiate vi si piazzino in casa per le feste

Tenebroso Natale, di Erasmo Baldini e Giuseppe Bellosi (Edizioni Laterza), è un libretto interessantissimo che io consiglio spassionatamente, a tutti, da anni.
Il sottotitolo, “Il lato oscuro della grande festa” sintetizza ottimamente il fulcro di questo saggio d’antropologia: far luce su quelle antiche tradizioni per cui – alla faccia del “a Natale siamo tutti più buoni” – la festa del 25 dicembre poteva essere dolcissima ma spaventosa al tempo stesso.
Come, in effetti, fu anche il Natale di Cristo.

90762_Zagrebelsky 0909 piccParte, retaggio di tradizioni pre-cristiane, che vedevano nel solstizio invernale un periodo che apriva le porte agli spiriti inferi; parte, elemento di vera e propria pedagogia cristiana (“se non ti comporti bene, Gesù Bambino non sarà affatto contento”) sono veramente numerose in tutta Europa, le figure leggendarie che minacciano, con la loro presenza, la quiete festosa dei giorni di Natale.
Curiosi di conoscerne qualcuna, se non altro per sapere chi sono gli sgraditi ospiti che potrebbero piazzarvisi in casa da qui all’Epifania?

1)   La vecchia zia che si porta dietro Fuffi perché sia mai lasciarlo solo, e permette che il cane ti smonti il salotto senza minimamente sognarsi di controllarlo

Secondo una antica leggenda raccolta dai fratelli Grimm, c’era una volta, tanto tempo fa, una nobildonna altezzosa dedita solo ai lussi e ai piaceri del mondo, che portava il nome di Frau Gaude. La donna, con le sue ventiquattro figlie femmine, amava la bella vita e tutti i passatempi da ricchi che il suo danaro poteva concederle. C’era però un piacere che ella amava più di tutti: cioè, la pratica della caccia, che lei aveva definito – e più d’una volta – “senz’altro meglio del Paradiso stesso”.
Eh. Dagli e dagli, Colui che ha avuto la gentilezza di inventarci il Paradiso s’è un po’ scocciato, di questo atteggiamento.

I cani latravano come impazziti inseguendo il terrore della preda ormai vicina, quando, in quel freddo pomeriggio invernale, Frau Gaude ripeté per l’ennesima volta alle sue figlie “aaah! La caccia! Mille volte meglio del Paradiso!”. Fu l’ultima cosa che ebbe modo di dire, e fu anche la sua condanna – ché, di lì a poco, vide le sue figlie trasformarsi, ad una ad una, in bellissimi, angosciatissimi levrieri.
E Gaude stessa, in qualche modo, si trasformò: divenne, per miracolo, uno spirito immortale, costretto a dover cacciare per l’eternità, senza mai poter godere delle vere gioie che attendono i buoni cristiani, in Paradiso.

Ancor oggi, potreste sentire nelle fredde sere invernali il latrato lontano d’una muta di cani che si avvicina: è la sfortunata Gaude che viene a voi, col suo seguito incantato di ventiquattro cagnoline. Nelle notti che vanno dal Natale all’Epifania, Gaude cerca rifugio nelle case degli umani, quasi a voler ritrovare per qualche istante quell’atmosfera di famigliare vitalità che le è ormai preclusa. Se dovesse per disgrazia entrare anche in casa vostra, state  molto attenti, e tollerate con paziente spirito cristiano il macello che la sua muta di cani farà nel vostro salottino. Non vi è modo, infatti, di allontanare questo spettro, e neppure vi è modo di liberarsi dell’ingombrante presenza del suo seguito feroce. Se uccisi, i cani si trasformano in pietra – di giorno. Ma, al calar del sole, tornano a infestare la vostra casa come spiriti crudeli per i successivi dodici mesi, gettando inoltre la sventura su di voi.

Ecco perché, in Germania, nelle dodici notti di Natale, è tradizione controllare bene di aver serrato a dovere porte e finestre, prima di spegnere il lume. Gli spettri del Natale sono lì, in agguato.

Frau Gaude cani

2)      La cognata celiaca, intollerante al lattosio e fruttariana, che si auto-invita al cenone con due giorni di preavviso, vi fa impazzire per rifare da capo il menù intero, e il giorno dopo la vedete taggata in una foto di gruppo su Facebook, e c’ha davanti un piatto di arrosto, la maledetta

Questa inquietante entità del folklore islandese inizia ad essere associata al Natale solo verso la metà del XVII secolo: prima di allora, esisteva sì nell’immaginario collettivo della fredda isola del Nord… ma senza particolari legami col 25 di dicembre, appunto.

Chiaro, dunque, è l’intento pedagogico con cui la figura di Gryla – una via di mezzo tra la strega e il troll di montagna – comincia pian piano ad essere presentata ai piccoli. Nella magica notte di Natale, mentre i bambini buoni dormono sereni nei loro lettini, nella fiduciosa attesa del rosso Babbo, la perfida Gryla vaga di casa in casa, operando una attenta cernita dei suoi piccoli abitanti. I bambini buoni vengono lasciati dormire indisturbati – e grandi gioie si prepareranno per loro, sotto l’albero. Ma i bambini cattivi, il cui sapore inconfondibile è particolarmente gradito alla nostra troll, vengono rapiti brutalmente, infilati in un sacco, portati nel rifugio tra i monti di Gryla, bolliti vivi, e poi mangiati ad uno ad uno.

Cheé poi, se guardi alla leggenda di Gryla, vedi che non è manco vero che ‘sto mostro ha bisogno di mangiare i bimbi cattivi, per sopravvivere. Le piccole pesti non sono la sua unica fonte di sostentamento, insomma. A dar retta al folklore, ‘sta pazza s’è mangiata ad uno ad uno tutti i suoi mariti, per dirne una. Cannibale, oltre che strega. Brr!

Gryla

3)   La mamma mai cresciuta che vi apre i cassetti della biancheria per controllare se dentro è tutto in ordine

In moltissime regioni del Nord Europa (dalla Germania e su su a salire, fino a toccare l’Inghilterra) è proverbiale l’attenzione con cui le casalinghe devono mettere in ordine la loro casa prima del giorno di Natale, e controllare che non vi sia nulla fuori posto. Al tempo stesso, devono lasciare la casa ordinata alla perfezione per tutti i dì di festa, senza mai estrarre dai cassetti gli attrezzi da lavoro e senza mai lasciare in giro – mai mai mai! – lavori di cucito abbandonati a metà.
Le pene per chi infrangesse questo dickat possono essere più o meno gravi: da innocui (ma fastidiosi!) pizzicotti fatati per le massaie inglesi, a vere e proprie botte da orbi ricevute dalle casalinghe tedesche, per mano delle streghe.

Il divieto di filare a Natale (e/o, genericamente, di dedicarsi ai lavori di cucito) è, come dicevo, una presenza trasversale in moltissime culture europee. A fronte di una credenza diffusa a macchia d’olio, gli storici si interrogano sulla sua possibile causa. In parte, potrebbe essere una tradizione d’origini pagane – come un metaforico divieto a recidere il filo della vita, in un periodo solstiziale di passaggio. In parte, a questa motivazione primitiva potrebbe essersi facilmente sovrapposta la volontà di cristianizzare le popolazioni del Nord Europa, richiamando la loro attenzione sull’importanza di astenersi dal lavoro per santificare durante i dì di festa.

Fate Cassetti

4)   Il bigotto estremista fissatissimo, che ti guarda male perché hai fatto anche l’albero di Natale e non solo il presepe

(Esiston davvero, eh).
Così come, nel folclore tedesco, esiste davvero la curiosa figura di Knecht Ruprecht, un sinistro personaggio vestito da monaco trappista che s’accompagna a San Nicola come suo fedelissimo sacrestano. Ha il viso ricoperto di cenere, in segno di penitenza, e spesso porta in mano un rosario. La cosa più rilevante ai nostri fini, però, è l’arnese che porta nell’altra mano: e cioè, un grosso bastone nodoso, che non esita a spaccare in testa ai peccatori.
O, per meglio dire, ai piccoli peccatori. Ché fratello Knecht, appunto, accompagna San Nicola nelle visite alle case dei bambini. A bussare alla porta è proprio Knecht, che domanda anzi tutto ai bambini di recitare una preghiera della tradizione cristiana. Se i bimbetti sono in grado di recitarla correttamente, a memoria e senza esitazioni, allora Knecht sorride, e consente a Nicola di procedere con la distribuzione di doni. Ma in caso contrario… son dolori. E letterali: ché il furente Knecht prende il suo bastone, lo tira in testa ai piccoli eretici in erba, e se ne va sdegnato.

Un metodo di catechesi forse un po’ brutale, ma senz’altro più efficace di quello in vigore nella mia parrocchia.

Knecht

5)    Il vecchio zio misantropo che odia l’esuberanza dei bambini e al pranzo di Natale non fa proprio alcuno sforzo per nasconderlo

Secondo una diffusa leggenda agiografica, San Nicola (proprio il vescovo di Myra, intendo) si fermò un giorno a mangiare in una locanda, ed ebbe l’infelice idea di ordinare un piatto di carne. Un piatto di carne gli fu servito, sennonché – piccolo dettaglio – si trattava di carne umana: il crudele locandiere aveva precedentemente fatto a pezzi tre poveri bimbi innocenti, e li aveva messi sotto sale per servirli poi, come piatto pregiato, alla clientela di riguardo.
Illuminato, per volontà divina, sulla vera origine di quel macabro pasto, San Nicola pretese di essere condotto nella cantina in cui era custodita la carne sotto sale, e, invocando l’aiuto del Signore, compì una prodigiosa resurrezione. I tre bambini tornarono alla vita – e da quel momento San Nicola divenne il protettore di tutti i bimbi, aggiunge spesso chi (a torto) tira in ballo questo episodio agiografico per giustificare l’associazione San Nicola / Babbo Natale.

Ok: questa è la nota leggenda.
Quella che segue è una mia considerazione: e cioè, che San Nicola deve avere dei gusti decisamente molto strani in fatto di compagnie da frequentare. Ché – non contento per il trappista fissato che si porta dietro in Germania – il vescovo di Myra pare aver avuto la sconfortante idea di portar con sé, a mo’ di penitente, pure il locandiere pluriomicida che aveva fatto a pezzi i bimbi. Sì: perché da allora, in una specie di condanna eterna, ‘sto brutto ceffo – noto oggi come Père Fouettard – è costretto ad accompagnare San Nicola nella sua visita alle case dei bimbi francesi, per assicurarsi che si siano comportati bene.

E devo dirvelo io cosa è capace di fare, a un bimbo che invece non s’è comportato bene  proprio per niente?

Pere Fouettard

12 risposte a "Cinque irritanti personaggi (oltre alla suocera) che rischiate vi si piazzino in casa per le feste"

  1. Luca

    Però… non conoscevo tutte queste leggende nordiche, anche se mi sembra di conoscere Knecht Ruprecht… Ad ogni modo, come Spritzettara, piacerebbe anche a me trovarmi coinvolto in questo party natalizio. 😉 Buon Natale a te e famiglia! ❤

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    1. Lucia

      Io credo che mi siederei vicino a Knecht, a pensarci bene.
      A parte il fatto che, sotto sotto, abbiamo pure delle affinità, penso che sarebbe non poco spassoso guardarlo mentre cerca di catechizzare la troll cannibale.

      😉

      Buon Natale a te e a tutti i tuoi cari, Luca!

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  2. mariluf

    Che storie tremende… anche le masche della mia valle non scherzavano, ma non ricordo più tutte le storia. Ma a natale mi pare rimanessero tranquille… si scatenavano per i Santi… Auguri, Lucia! e grazie!

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  3. animapiccola

    L’origine del n. 3 mi ricorda tantissimo una leggenda che pubblicasti moooolto tempo fa, dove si narrava di Maria che offre i suoi capelli per tessere una copertina al suo Bambino e da cui nacque il divieto di cucire e filare perché sarebbe stato come accettare l’offerta scandalosa della Vergine.
    O forse sono solo io che faccio associazioni inesistenti!

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    1. Lucia

      L’avevo pubblicata io e qui, quella leggenda natalizia? :-O
      Oh basta là, come dicono i piemontesi per esprimere profondo stupore. La leggenda la conosco, ma non mi ricordavo proprio di averne mai parlato 😀 Perdo pezzi!

      Comunque sì, sicuramente c’è un legame. Talmente tante sono le leggende o le figure leggendarie a impedire alle donne di filare nei giorni di Natale che alcuni storici (come appunto quello del libro su cui mi baso) ipotizzino che si tratti di leggende nate a posteriori per giustificare un divieto preesistente, e motivato probabilmente da chissà quale credenza pre-cristiana legata al periodo del solstizio. Proprio perché questa credenza è davvero troppo diffusa per poter essere spiegata diversamente, a detta loro.
      Comunque sì, sicuramente sono tutte cose collegate, eccome! 🙂

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